Lo Hobbit by John R. R. Tolkien

Lo Hobbit by John R. R. Tolkien

autore:John R. R. Tolkien
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2012-11-05T11:52:03+00:00


LA BOTTE PIENA, LA GUARDIA UBRIACA

Il giorno dopo la battaglia coi ragni, Bilbo e i nani fecero un ultimo sforzo disperato per trovare una via d’uscita prima di morire di fame e di sete. Si alzarono e avanzarono barcollando seguendo la direzione in cui - secondo almeno otto di loro - doveva trovarsi il sentiero; ma non riuscirono a sapere se la loro decisione era stata giusta o no. Infatti, quella specie di giorno che c’era nella foresta stava ancora una volta sbiadendo nelle tenebre della notte, quando improvvisamente tutt’intorno a loro si accesero le luci di molte torce, come centinaia di stelle rosse. Ed ecco che guardinghi avanzarono allo scoperto gli Elfi Silvani, armati di archi e frecce, e intimarono ai nani di fermarsi.

Non c’era neanche da pensare a dar battaglia. Anche se i nani non fossero stati in uno stato tale da essere addirittura felici di venire catturati, i loro piccoli coltelli, le sole armi che avessero, sarebbero stati perfettamente inutili contro le frecce degli elfi, che potevano colpire un uccello al buio. Così non fecero altro che sedersi rigidi come mummie ad aspettare - tutti tranne Bilbo, che si mise l’anello e scivolò via lestamente da una parte. Per questo, quando gli elfi legarono i nani in una lunga fila, uno dietro l’altro, e li contarono, non trovarono né contarono lo hobbit.

E nemmeno lo udirono o si accorsero di lui mentre trotterellava proprio dietro di loro alla luce delle torce, quando portarono via i prigionieri attraverso la foresta. Ogni nano aveva una benda sugli occhi, ma questo non faceva molta differenza, perché neanche Bilbo, che dei propri occhi poteva far uso, riusciva a vedere dove stessero andando, e comunque né lui né gli altri sapevano da dove erano partiti. Bilbo dovette mettercela tutta per tenere dietro alle torce, poiché gli elfi facevano camminare i nani quanto più velocemente potevano, esausti e malconci com’erano.

Il re aveva dato ordine di sbrigarsi. Improvvisamente le torce si spensero, e lo hobbit ebbe appena il tempo di raggiungerli prima che cominciassero a passare il ponte. Si trattava del ponte che, dopo avere attraversato il fiume, conduceva ai portali del re. Al di sotto, l’acqua scorreva scura, veloce e violenta; e all’estremità opposta c’erano dei portoni davanti all’imboccatura di una grossa caverna che si apriva nel fianco di un erto pendio coperto di alberi. I grandi faggi scendevano giù fino a immergere le radici nell’acqua.

Passato il ponte, gli elfi tolsero la benda ai prigionieri, ma Bilbo indugiò esitante alle loro spalle. L’imboccatura della caverna non gli piaceva per niente, e decise di non abbandonare i suoi amici solo all’ultimo momento, sgattaiolando alle calcagna degli ultimi elfi appena in tempo prima che i grandi portali del re si chiudessero dietro di loro con un secco clangore.

All’interno i cunicoli erano illuminati dalla luce rossa delle torce, e le guardie elfiche cantavano mentre avanzavano marciando in quei tunnel che giravano, si incrociavano, ed echeggiavano. Non erano come quelli delle città degli orchi; erano più piccoli, non si inoltravano troppo sottoterra, ed erano ben aerati.



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