Lo sappiamo quando lo vediamo by Richard Masland

Lo sappiamo quando lo vediamo by Richard Masland

autore:Richard Masland [Masland, Richard]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2021-03-22T12:00:00+00:00


Sembra pertanto che buona parte della visione sia recuperabile. Diversi indizi ci rammentano però che la plasticità del sistema nervoso non è senza limiti. Anzitutto, il fatto che le aree dei volti abbiano sedi riproducibili in singole e differenti persone (o scimmie) rivela che il cervello ha una struttura intrinseca per tali aree, a qualche livello perlomeno. Il secondo indizio è che, quando i bambini indiani rinati alla vista hanno imparato a vedere, sono cambiati i loro schemi cerebrali. Subito dopo l’asportazione della cataratta, le fMRI rivelavano una risposta disorganizzata, ampiamente diffusa, al segnale visivo, inclusi i volti. Presto però si è trasformata in una serie di zone, e le zone erano nelle loro posizioni normali. Di nuovo, ciò rivela che il cervello sapeva anzitempo dove avrebbero dovuto trovarsi le zone dei volti. È la prova perlomeno di un basso livello di predeterminazione delle strutture visive. Livingstone chiama «aree dei proto-volti» queste sedi predeterminate.

Infine, un esperimento potente ed elegante sulla plasticità neurale sensoriale è stato pubblicato alla fine del 2017 da Livingstone e colleghi. Avevano allevato alcune scimmie, sin dalla nascita, in un ambiente dove non avevano mai visto una faccia: non un volto umano, non una faccia di scimmia, nessuna faccia assolutamente. Realizzare questo esperimento fa pensare che esso abbia richiesto molto lavoro, e probabilmente cosí è stato. In linea di principio, però, non è molto difficile. Le scimmie erano state accudite, amorevolmente, dagli sperimentatori. Quando era vicino agli animali lo sperimentatore indossava una maschera da saldatore: una grande lamina ricurva di vetro fumé che copriva dalla fronte al mento.

Per il resto, le scimmie erano cresciute in un mondo visivo normale: potevano vedere ogni cosa nella loro gabbia e nella stanza circostante; potevano vedere il busto dello sperimentatore, le sue braccia e i suoi piedi; potevano vedere il biberon con cui erano alimentate. Potevano udire i normali suoni di una colonia di scimmie. L’unica deprivazione era che non avevano mai visto delle facce. Queste scimmie si erano sviluppate per molti aspetti quasi normalmente. E quando, una volta concluso l’esperimento, furono inserite nella colonia dei loro simili, socializzarono allegramente con i pari integrandosi con successo nella società delle scimmie.

Gli sperimentatori, dopo avere addestrato le scimmie a stare distese e immobili nello scanner per la risonanza, le hanno sottoposte a test mostrando loro varie cose, incluse delle facce. Come forse avrete intuito, erano cresciute prive delle zone dei volti nel cervello. L’aspetto tuttavia rimarchevole è che le aree destinate al riconoscimento dei volti – nel lobo temporale – rispondevano a immagini di mani. In un ambiente sociale normale, gli oggetti visivi piú importanti per un primate sono le facce. Segnalano rabbia, paura, ostilità, amore e tutte le informazioni emotive importanti per sopravvivere e per prosperare. Evidentemente, il secondo tratto piú importante nell’ambiente sono le mani: quelle proprie della scimmia, e quelle degli sperimentatori che le nutrivano e accudivano.

Benché quelle che, di regola, sarebbero state aree dedicate alle facce si fossero trasformate in «aree delle mani», questa preferenza conservava ancora una certa plasticità.



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