L'ombra del vento by Carlos Ruiz Zafón & L. Sezzi

L'ombra del vento by Carlos Ruiz Zafón & L. Sezzi

autore:Carlos Ruiz Zafón & L. Sezzi [Zafón, Carlos Ruiz & Sezzi, L.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788804561309
editore: MONDADORI
pubblicato: 2001-01-02T00:00:00+00:00


29

Quando uscimmo dalla casa era già buio e il temporale aveva lasciato il posto a una pioggerella fredda. Con un'occhiata, Bea mi invitò a tenere le chiavi. Camminammo in silenzio, mano nella mano, fino al paseo de san Gervasio, alla ricerca di un taxi o di un autobus.

«Non potremo rivederci prima di martedì» disse esitante, come se dubitasse del mio desiderio di stare di nuovo con lei.

«Ti aspetterò qui.»

Diedi per scontato che ci saremmo rivisti lì, in quella vecchia villa, perché il resto della città non ci apparteneva. La forza e il calore della sua stretta sembravano diminuire via via che ci allontanavamo dall'avenida del Tibidabo. Le strade erano praticamente deserte.

«Qui non troveremo niente» disse Bea. «Ci conviene scendere lungo calle Balmes.»

Proseguimmo a passo sostenuto, camminando sotto gli alberi per ripararci dalla pioggerella e, forse, per evitare di guardarci. Di tanto in tanto Bea accelerava l'andatura e, per un attimo, pensai che se l'avessi lasciata andare si sarebbe messa a correre. Ero ancora stordito dal profumo del suo corpo e ardevo dal desiderio di baciarla, di sussurrarle un mare di sciocchezze, a costo di rendermi ridicolo. Ma Bea era assente, e il suo silenzio era come un grido.

«Cosa ti succede?» mormorai.

Nel suo sorriso c'erano paura e solitudine. Mi vidi attraverso i suoi occhi: un ragazzo insignificante che per qualche ora si era creduto il padrone del mondo, senza sapere che avrebbe potuto perdere tutto da un momento all'altro. Continuai a camminare senza attendere una risposta. Poco dopo udimmo il rumore del traffico e l'aria si accese di luci che sembravano una muraglia evanescente.

«Separiamoci qui» disse Bea, lasciando la mia mano.

I fanalini dei taxi posteggiati all'angolo della via parevano una fila di lucciole.

«Come preferisci.»

Mi baciò sulla guancia. I suoi capelli odoravano di cera.

«Bea» dissi con un filo di voce, «ti voglio bene.»

Mi sfiorò le labbra con le dita per impedirmi di continuare, come se le mie parole la ferissero.

«Martedì alle sei, d'accordo?» chiese.

Annuii con un rapido cenno del capo. La vidi salire su un taxi e perdersi nell'oscurità, come una sconosciuta qualsiasi.

Uno dei conducenti, che non ci aveva tolto gli occhi di dosso, mi osservava incuriosito.

«Andiamo a casa, giovanotto?»

Salii sul taxi. L'autista mi scrutava dallo specchietto e io seguivo con lo sguardo le luci dell'auto davanti a noi, due punti luminosi sempre più piccoli.



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