L'Opera al nero by Marguerite Yourcenar

autore:Marguerite Yourcenar [Yourcenar, Marguerite]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Historical Fiction

Cominciava a vederli. Le bisogne del dispensario non lo affaticavano certo: la sua mano e il suo colpo d'occhio mai erano stati altrettanto sicuri. Gli straccioni che pazientemente attendevano ogni mattina l'apertura dell'ospizio venivano curati con altrettanta arte che un tempo i grandi di questo mondo. La totale assenza di ambizione o di timore gli permetteva di applicare più liberamente i suoi metodi, e quasi sempre con buoni risultati; quella dedizione totale escludeva la stessa pietà. La sua costituzione, per natura segaligna e nervosa, sembrava fortificata dall'avvicinarsi della vecchiaia; Zénon soffriva meno il freddo; pareva indifferente al gelo dell'inverno e all'umida estate; il reumatismo contratto in Polonia non lo tormentava più. Aveva cessato di risentire dei postumi di una terzana che a suo tempo s'era portata dietro dall'Oriente. Mangiava con indifferenza quel che uno dei frati dal priore delegati all'ospizio gli portava dal refettorio, oppure sceglieva alla locanda pietanze a buon mercato. La carne, il sangue, i visceri tutto ciò che ha palpitato e vissuto gli ripugnava in quei periodo della sua esistenza, poiché alla bestia duole morire come all'uomo, e gli dispiaceva digerire agonie. Dal tempo in cui aveva scannato di sua mano un maiale presso un macellaio di Montpellier, per verificare se c'era o meno coincidenza tra la pulsazione dell'arteria e la sistole del cuore, aveva cessato di ritenere utile servirsi di due termini diversi per designare la bestia che viene abbattuta e l'uomo che viene ucciso, l'animale che crepa e l'uomo che muore. Le sue preferenze in materia alimentare andavano al pane, alla birra, alle farinate che conservano alcunché del sapore grosso della terra, alle acquose verdure, ai frutti rinfrescanti, alle sotterranee e sapide radici. L'oste e il frate cuciniere si meravigliavano delle sue astinenze la cui intenzione appariva loro devota. A volte, tuttavia, Zénon si sforzava di mangiare deliberatamente un po' di trippa o un pezzetto di fegato sanguinolento, per dimostrare a se stesso che il suo rifiuto veniva dallo spirito e non da un capriccio del gusto. Il suo arnese era sempre stato malandato: per distrazione o noncuranza, più non lo rinnovava. In materia erotica, era sempre il medico che un tempo aveva raccomandato ai suoi pazienti le consolazioni dell'amore, come in altre occasioni si raccomanda loro il vino. Codesti brucianti misteri gli sembravano rappresentare ancora, per molti, il solo accesso al regno igneo di cui siamo forse infime scintille, ma l'ascesa sublime era breve, e Zénon dubitava in cuor suo che un atto talmente soggetto alle abitudini della materia, tanto dipendente dagli strumenti della generazione carnale, fosse per un filosofo una delle esperienze che si ha l'obbligo di fare per poi rinunciarvi. La castità, in cui non molto tempo prima aveva visto una superstizione da combattere, gli appariva ora uno dei volti della propria serenità: assaporava la fredda conoscenza che si ha degli esseri quando più non li si desidera. Pure, una volta, sedotto da un incontro, si abbandonò di nuovo a quei giochi e si meravigliò delle proprie forze. Un giorno si adirò

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