L'Oro Alla Fine Dell'Arcobaleno (Starburst, 1982) by Frederik Pohl

L'Oro Alla Fine Dell'Arcobaleno (Starburst, 1982) by Frederik Pohl

autore:Frederik Pohl
Format: mobi
pubblicato: 2010-12-03T14:00:00+00:00


La mattina dopo, che era la mattina del Giorno 3841, mi sono svegliata senza troppa voglia di svegliarmi perché era così piacevole sognare casa mia e la mamma e papà e tutti i tipi che frequentavo nella California meridionale.

Certo, la casa che ho adesso non è tanto male. L'architetto del nostro piccolo mondo è stato un tale che si chiamava Tsiolkowski, o forse O'Neill; la mia memoria quasi eidetica mi fornisce entrambi i nomi e mi sono stancata da un pezzo di discutere quale dei due sia. Non avevo più una stanza personale. Avevo una casa personale. O forse voi la chiamereste una casupola, perché di sicuro non era lussuosa, ma almeno aveva una cucina e un bagno e intorno un praticello d'erbe aromatiche e piante fiorite. E una serratura alla porta. E quando ho aperto la porta per uscire e vedere se quel giorno, finalmente, valeva la pena d'essere vissuto, ho trovato qualcosa infilato sotto il picchiotto. Era una verdura. O un frutto, o un fiore; non sapevo dire, esattamente, e così ho teso la mano e ho afferrato per un braccio una delle piccole di Flo, mentre passava saltellando. ― Modany, sai chi è stato a metterlo qui?

Lei ha spalancato gli occhi educatamente. ― Cribbio, Zia Eve! Che buon profumo ha! ― Ma non lo sapeva, così le ho dato una pacca scherzosa e l'ho lasciata correre a prendere i biscotti e il latte e ho staccato la verdura dal picchiotto.

Era una specie di grossa carota, con la sezione a forma di cuore e il colore del miele. Non l'avevo coltivata io, e non l'avevo neppure vista coltivare. Dato che ero la tuttofare del dipartimento idroponico, questo voleva dire che qualcuno l'aveva tenuta segreta di proposito. Quando ne ho staccato un pezzo con un morso, il sapore era come l'odore, menta-cioccolato. Solo quando ho fatto per dare un secondo morso ho notato che all'interno, sulla superficie di frattura, c'era un messaggio: BUON COMPLEANNO, CARA ZIA EVE BARSTOW.

La scritta continuava attraverso tutta la lunghezza della carota. Non era firmata. Ma chi aveva bisogno d'una firma per riconoscere l'opera del suo primogenito, forse del suo figlio migliore?

La stanza personale di Jeron era soltanto due stanze a nord e quattro a est della mia, ma lui non c'era e così non ho potuto ringraziarlo. O sgridarlo, se era questo che avrei deciso di fare. Mentre facevo colazione ho deciso che avrei dovuto ringraziarlo perché, anche se il mio vecchio, semplice cuore all'antica non approvava che lui corteggiasse sua madre, almeno aveva distratto la mia mente dalla carognata di Zio Shef. Sono riuscita a trovare la forza di andare a lavorare. Qualunque cosa succeda, qualcuno deve arare il cotone e qualcuno deve zappare il granturco, e quel qualcuno sono io.

Mentre facevo bollire i protoplasti del mattino Molomy è tornata volando fra i tralci carichi di frutti, ridacchiando e strillando con una mezza dozzina di altri della sua coorte. Correvano come conigli inseguiti da una volpe amica, e la volpe era proprio il figlio che stavo cercando, Jeron.



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