Marckalada by Paolo Chiesa

Marckalada by Paolo Chiesa

autore:Paolo Chiesa [Chiesa, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2022-01-15T00:00:00+00:00


Fig. 10. Isola di Taprobane, Atlante Catalano del 1375 (Parigi, Bibliothèque nationale de France, esp. 30).

Quanto dice Galvano fa pensare che leggesse la mappa Ianuensis con il Sud verso l’alto: a Taprobane si arriva procedendo superius, lasciando più in basso l’India continentale, con lo zenzero e il sepolcro di Tommaso. Poteva essere effettivamente una mappa orientata verso sud, come si usava nel mondo arabo, oppure una mappa ‘circolare’, in cui le scritte erano girate verso il bordo più vicino, e che non aveva un lato preferenziale da cui guardarla. La convenzione araba, se era quella qui adottata, era diversa tanto da quella più comune nel medioevo occidentale, che poneva in alto l’Est (forse in omaggio al punto più nobile, quello dove sorge il sole, dove nacque Cristo e dove molti collocavano l’Eden), tanto da quella che usiamo oggi, che pone in alto il Nord (forse per la praticità di far corrispondere il vertice alla Stella Polare). Dai geografi arabi, del resto, la mappa ereditava anche la nozione di ‘centro del mondo’, come si ricava dalla seconda menzione che ne fa Galvano.

Ci troviamo nel primo libro della Cronica universalis; si sta parlando del Nilo, identificato come uno dei quattro fiumi che, secondo la Genesi, sgorgano dal Paradiso Terrestre. Preoccupato com’è di sommare fra loro fonti inconciliabili, Galvano fa compiere al Nilo un percorso contorto, prima verso l’Atlantico, poi verso il Mediterraneo, poi perduto in paludi, poi scomparso in caverne, poi diviso in più rami. Dell’ultimo ramo si dice così:

Alter ramus per cuniculos subterraneos transit, et iuxta civitatem Arim capud extollit, in loco qui dicitur terra delitiarum: propterea a compositore mappe Ianuensis creditus fuit quod esset ibi paradixus terrestris, tum ratione copie delitiarum, tum ratione fluminis paradixi ibidem discurrentis.

L’altro ramo [del Nilo] passa per caverne sotterranee e torna in superficie presso la città di Arim, in un luogo chiamato ‘terra di delizie’. Per questa ragione, chi ha disegnate la mappa di Genova ha creduto che lì si trovasse il Paradiso Terrestre, sia per l’abbondanza di delizie, sia perché lì scorreva uno dei fiumi del Paradiso.

Arim! Il luogo che i geografi arabi chiamavano qubbat al-arḍ, ‘la cupola del mondo’, il centro geometrico del nostro emisfero. Era un punto di derivazione astronomica, per alcuni un’isola, per altri una città, per altri ancora una città su un’isola (ma non era sicuro, nessuno c’era mai stato): il luogo terrestre dove, allo zenit, si incrociano il circolo dell’equatore e il meridiano centrale, quello equidistante dalle terre estreme dell’Ovest e dell’Est. Facile identificare l’equatore, per il quale il sole forniva una guida sicura; impossibile identificare il meridiano centrale, che si calcolava solo sulla presunzione di mal misurabili distanze da ipotetici confini delle terre. Questa nozione i geografi arabi l’avevano elaborata studiando un po’ Tolomeo, un po’ i loro colleghi indiani, e poi l’avevano passata alla scienza occidentale: un grande filosofo sperimentale come Ruggero Bacone, fra gli altri, ne era rimasto convinto.



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