Mari Michele - 1993 - Euridice aveva un cane by Mari Michele

autore:Mari Michele
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 9788858406441
editore: Giulio Einaudi Editore
pubblicato: 2012-09-17T22:00:00+00:00

Adesso, quando mi prendono le malinconie, mi è impossibil lo scalco, l’amorosa incisione. Successe qualche anno fa, eravamo appena arrivati a Scalna, giusto il tempo di portar sú le valigie nelle camere e di dare aria alla biblioteca, di appurar con un’occhiata non fosse capitato agli umidi libri alcunché di increscioso, e poi via! giú per le scale, e attraverso il prato non falciato precipitarmi al fienile, e salir quella rampa scavalcando le coti e le lame sparse sui gradini, e finalmente affacciarmi.

Ricordo che non fu l’assenza delle galline, non furono le erbacce per tutto a dirmi che l’ultimo sfacelo di Scalna, il piú grave, si era consumato: furono invece i pali dei fagiolini, vedovi e nudi, a parlarmi di un abbandono che doveva durare da molti mesi, da tutta la primavera almeno, e forse da prima, forse dall’autunno, poco dopo il nostro ultimo ritorno a Milano. Corsi in strada ma il portone della Flora era chiuso, mi guardai in giro, nessuno a cui chiedere, rientrai da noi, «Nonna nonna, la Flora non c’è piú! Non c’è!», salii in biblioteca e da lí sul balcone, tutto chiuso anche dai Baldi, ahi quante volte, al cominciar dell’estate, quelle serrande chiuse mi avevano riempito di gioia, prospettandomi qualche giorno di inopinati silenzî se non addirittura inebriandomi alla mostruosa speranza che sí, forse era quella la volta buona, forse per miracolosa catena d’eventi nessuno di loro sarebbe potuto venire per tutta l’estate (l’indomani bastava poi il primo frigno, il primo «Uéllaaa» cameratesco a precipitarmi nell’umore piú tetro): ora invece maledicevo quelle chiusure e la civica mora, essi avrebbero potuto spiegarmi, narrare, essi sempre sapevano tutto, invescati com’erano nell’indigena vita.

Passarono due giorni di angoscia, durante i quali non osai chiedere nulla a nessuno. Avrei potuto domandare alla signora Lucia, ma come rivolgerle la parola (e lí nell’emporio, davanti a tutte quelle donnette!), dopo che per oltre vent’anni, a scoraggiare sua appiccicosa loquela, mi ero sempre attenuto alle denotazioni piú secche, «Otto michette e un litro di latte, intero», «È rimasto solo quel filone? Mel dia»? Altre persone, in paese, non ne conoscevo, il ciclista si era trasferito a Germignaga l’anno prima, non resistendo al dolore di veder posteggiare vetture dove solea esilararsi di pedivelle e catene (l’avevo odiato, per quella cessione, augurandogli precisamente quel crepacuore), la trattoria non esisteva piú da un pezzo, il fabbro era morto, il calzolaio era tanto di quel tempo che non lo vedevo piú che mi chiedevo se fosse mai esistito… No, tanto valeva aspettare che arrivassero i Baldi, prima o poi arrivavano sempre, essi avrebbero saputo spiegare. In qualsiasi altra circostanza mi sarebbe seccato moltissimo dipendere da loro, ma ora era diverso, ora c’era di mezzo la Flora, c’era Tabú. Chissà dov’era, caro bestiolino, caro caro caro magatellino!

Arrivarono di sabato pomeriggio, e la cosa mi sembrò fatta apposta per consentire a mia nonna di informarsi già la mattina seguente, all’uscir dalla chiesa. Dunque la instrussi in tal senso, piú e piú volte ribadendo pedantescamente i punti acclarandi (soprattutto

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