Mercanti d'aura (Il Mulino) by Alessandro Dal Lago

Mercanti d'aura (Il Mulino) by Alessandro Dal Lago

autore:Alessandro Dal Lago [Dal Lago, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: archivio ladri di biblioteche
pubblicato: 2014-09-10T22:00:00+00:00


La differenza tra le opere d’arte mercificate e le merci estetizzate diventa dunque minima, una questione di opportunità, di tempi e di luoghi, non di principio. Anche qui siamo davanti a ready-made\ si prendono delle tazzine, le si dichiara artistiche, e oplà, ecco le tazzine d’artista (o l’arte da caffè). Si noti una differenza fondamentale con il design: in questo, veri e propri creatori, come Bruno Munari o Vico Magistretti, firmano lampade e tavoli destinati a un uso comune, non artistico. Invece, nel caso delle tazzine, abbiamo piccole opere d’arte che in realtà non sono tali perché «create» dagli artisti, ma in quanto «aurizzate» in tutto e per tutto dal critico-curatore, che le firma, e dall’azienda, che in realtà le ha inventate. Ecco come la produzione d’aura si incarna in veri e propri simulacri che, a seconda del modo in cui li rigiriamo tra le mani (per berci un caffè o apprezzarne la linea, o entrambe le cose), rivelano la loro duplice natura di cosa e idea trascesa in arte. L’aura, o meglio l’aroma, crea l’arte.

Come spiegano i filosofi, un simulacro non è la copia di un originale, anche se da qualche parte nasce come tale. È una riproduzione che acquista vita propria in quanto è riprodotta. Nessuno è interessato all’originale della Coca Cola, a quella bottiglietta primaria, che forse esiste in un museo di Atlanta - proprio come a Parigi si conserva come curiosità scientifica un metro in platino, misura di ogni misura. Nella moltiplicazione infinita delle bottiglie, ecco nascere e sollevarsi da terra il simulacro «Coca Cola», che è tutt’altro da quell'originale e dalla sua idea. Duchamp aveva dato prova del suo genio facendo sparire gli originali dei suoi ready-made, e con ciò aveva introdotto consapevolmente la necessaria esistenza dei simulacri in arte. Quello che conta alla fine è il simulacro come immagine riprodotta. Che nella sua evoluzione il capitalismo abbia ripetuto su larga scala il processo artistico, fino a identificarsi con esso (e viceversa), è qualcosa che non finisce di scandalizzare i millenaristi, i quali prendono per finzione quella che è semplicemente la dimensione oggettiva (nel suo essere largamente simulacrale) dell’arte e della vita, in quanto queste sono essenzialmente implicate30. Negli anni Sessanta, mentre il capitalismo cominciava a perdere la sua auto-immagine industriale, fordista, falsamente materiale, la Pop Art ha perfettamente compreso il processo. Trasformando in nuove icone bandiere, detersivi, bottiglie di Coca Cola, immagini e fumetti, non abbassava l’arte alla banalità dell’esistenza, ma estetizzava la realtà, fondendo arte e vita nella sola realtà che conti, quella oggettiva dei simulacri:

Non solo il fittizio e il simulacro non sono la stessa cosa. Il fittizio è sempre una copia di copia, che deve essere spinta fino al punto in cui essa muta di natura e si rovescia in simulacro (Pop Art) [Deleuze 1984, 233-234].



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