Mi spiacerà morire per non vederti più by Pazzi Roberto

autore:Pazzi Roberto [Roberto, Pazzi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2019-02-04T23:00:00+00:00

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“La regina Teodolinda in persona è in visita al papa. È suo il seguito che occupa tutta la strada davanti al monastero… non possiamo farci nulla, mio signore.”

Severo informava lo spazientito Eusebio, che si trovava a tornare a casa verso sera e si faceva largo a fatica fra i cavalieri e le carrozze, lungo l’erta che portava al suo palazzo.

“Come? La regina?… Ho capito” brontolò, poi a bassa voce si lasciò andare a un commento “sarà venuta a farsi abbindolare dalle sue chiacchiere… strano però, mai si era spinta a visitarlo.”

Ed Eusebio si rassegnava a procedere al passo, sul suo cavallo, sfiancato dalle corse che il padrone gli aveva fatto compiere nella pineta verso le foci del Tevere, dove chissà quale illusorio istinto lo aveva spinto a correre per cercarvi Celeste.

Giunto però finalmente sulla porta del suo palazzo, ebbe la sorpresa di vedere che lo attendeva uno dei notabili del seguito della regina, inviato dal re Autari, Agilulfo, duca di Torino. Era latore di un invito personale del sovrano alla caccia al cervo, sull’Amiata, per il giorno dopo.

Il re dei longobardi amava associare spesso alle sue imprese venatorie il fior fiore della nobiltà romana. Un invito al nobile romano che aveva respinto da ponte Milvio i longobardi, per alcune giornate di assedio, aveva un chiaro valore diplomatico. Spesso nascevano nuovi vincoli con i romani, rafforzati a volte da nozze che stringevano le alleanze con chi contava. Autari, spostando la corte reale da Pavia a Milano, aveva cercato di imprimere al suo potere un maggior senso d’integrazione nel paese, incoronandosi nel 589 re d’Italia, dopo i molti anni di vacanza del titolo reale, dalla morte di Alboino. Ma le relazioni con Roma e la corte papale rimanevano tese. Erano ancora fresche le ferite delle più recenti scorrerie longobarde nella città eterna.

“Ringraziate il re Autari dell’alto onore” rispondeva con un inchino leggero del capo Eusebio.

“Partiremo all’alba da Sant’Andrea.”

“Ma il re non è già qui?”

“No, è ancora in viaggio, sarà qui in piena notte.”

“Riferite che all’alba sarò pronto con i miei uomini e i miei cavalli” ma che insonne quel re, non dormiva mai?

Quella sera Eusebio aveva spiato a lungo dall’alto della sua torre i movimenti che riusciva a cogliere nel vasto giardino del monastero. Le lucerne e le fiaccole, accese fino a un’ora inconsueta, testimoniavano dell’eccezionalità dei visitatori, che venivano a sconvolgere le cadenzate abitudini dei monaci. Chissà che avevano da dirsi la regina e Gregorio… Sapeva dai suoi informatori che papa Gregorio otteneva dal potere regio nuove franchigie per l’assistenza benedettina ai poveri della città eterna.

Sapeva però anche che non tutti i longobardi, divisi fra pagani, ariani e tricapitolini, vedevano di buon occhio la crescente remissione della regina al pontefice romano e al credo espresso dal concilio di Nicea. La conversione cattolica di quel popolo barbaro, che stava così a cuore al cugino e a Teodolinda, nonostante quest’ultima fosse di confessione tricapitolina, procedeva lenta e piena di resistenze nei duchi e nei quadri dirigenti di quell’esercito permanente che erano i longobardi.

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