Mia Kankimäki by Le donne a cui penso di notte (2021)

autore:Le donne a cui penso di notte (2021)
Format: epub
pubblicato: 2021-11-01T00:00:00+00:00

Tua M

Alla fine del viaggio Mary salì sul vulcano Camerun, pur sapendo che lì «di pesci non ce n’era praticamente nessuno, e di feticci di un certo peso assai pochi». Non aveva alcuna esperienza di montagna, non possedeva una mappa, il clima era gelido e piovoso e la scalata durò sette giorni che furono pesanti, costellati da problemi di cibo e acqua e – il peggio del peggio! – non si poteva neppure bollire il tè! Mary rifletté: poteva accettare di mettere a repentaglio la salute dei suoi portatori in condizioni come quelle? Quanto a lei, be’, poco male, a nessuno sarebbe importato un fico secco se fosse morta. Quando, completamente sfinita, raggiunse la cima del Camerun, a quattromila metri, c’era una visuale di neanche dieci metri: le condizioni atmosferiche l’avevano privata del panorama che era il motivo per cui aveva intrapreso quella dannata scalata. Modesta com’era, non ritenne degno di menzione il fatto di essere la prima donna (bianca) al mondo a raggiungere la vetta. Ridiscesa, si sedette in veranda al tenue bagliore delle stelle, circondata dalle lucciole. In lontananza brillavano le luci della città di Victoria, lo sciabordio delle onde che si frangevano sugli scogli della riva, e il suono dei tamburi e i canti degli indigeni si fondevano e si confondevano in un concerto. «Perché sono venuta in Africa?» si chiese più volte. «Perché! Chi non verrebbe in questa replica dell’inferno, anche solo per la sua bellezza inebriante?» Esatto, Mary.

A metà novembre Mary partì da Calabar per tornare a casa. Aveva già inviato degli esemplari ittici, rettili e insetti da lei raccolti, eppure aveva parecchi bagagli, decine di bottiglie piene di alcol nelle quali erano immerse creature esotiche, una caterva di oggetti-feticcio, figure intagliate nel legno, strumenti musicali, maschere, stoffe, amuleti, cesti usati per le anime vaganti e un grande rettile per lo zoo di Londra, senza contare una scimmietta da compagnia. (Penso a Mary che si affanna intorno ai bagagli – “Allora, nei barattoli con l’alcol i topi di palude, nei sacchetti i millepiedi, le talpe africane le ho già spedite per posta”. E questo dopo essere andata a caccia di quelle bestiole, averle uccise e preparate a dovere, tutto da sola.) Durante la traversata venne a sapere che i giornali inglesi avevano già parlato del suo viaggio, e più di un editore le propose un contratto per un libro. Un’ottima notizia: il suo desiderio era scrivere un libro di successo da cui avrebbe guadagnato i soldi necessari a tornare in Africa il prima possibile.

Mary giunse al porto di Liverpool la sera del 30 novembre 1895, dopo quasi un anno. Quando approdò con la scimmietta sulla spalla al porto illuminato dai lampioni a gas, c’era già un giornalista armato di taccuino ad aspettarla. Del suo ritorno parlarono il Times e il Daily Telegraph, ma lei fu inorridita dal taglio scandalistico degli articoli, che rimestavano storie di cannibali ed esageravano il suo coraggio quando si era trovata davanti a un gorilla; ma la cosa peggiore era che la definivano “New Woman”, la donna nuova.

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