Nei nervi e nel cuore by Rosella Postorino

Nei nervi e nel cuore by Rosella Postorino

autore:Rosella Postorino [Postorino, Rosella]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2024-09-15T00:00:00+00:00


Per superare una delle mie solitarie, domestiche giornate di marzo 2020, mi ero arrampicata su una scala a pioli e avevo recuperato una scatola dall’armadio. Dentro, c’era il mio primo diario segreto; dovetti rompere il lucchetto con un martello, per aprirlo. Su due pagine avevo incollato i ritagli della lettera che a dieci anni avevo spedito al «Corriere dei Piccoli» e che era stata pubblicata. Il tema era il razzismo e per illustrarla avevano usato uno dei Ronfi, tra i miei personaggi a fumetti preferiti; sventolava un cartello con la scritta: «Voglio un’Italia davvero unita».

Peccato che, in mezzo al diario, abbia trovato anche un disegno in cui mi ero raffigurata mentre ballavo con uno dei miei tanti amori non corrisposti in quell’epoca disgraziata che sono le scuole medie. Il ballo era la lambada, mi ero premurata di annotarlo; dev’essere stato questo a dissuadermi dallo spaccare altri lucchetti.

Nella scatola c’era un altro disegno, la copia de La pubertà che avevo fatto a sedici anni, durante il primo confinamento della mia vita. L’aveva deciso Giuseppe – non Conte, mio padre. Mi aveva tenuta in castigo per un’intera settimana. Era luglio: mentre gli altri andavano al mare, io leggevo Sons and Lovers in lingua originale e, sudando, disegnavo Munch. Le medie erano finite da un pezzo e l’interesse maschile verso di me era cresciuto al punto che un povero, severo, geloso padre calabrese non poteva proprio tollerarlo.

Mai mi sono separata da quel disegno, l’avevo messo in valigia quando ero andata all’università, mi pareva la cosa più vicina a me stessa che mi fosse capitato di incontrare. C’è una ragazza seduta a gambe unite su un letto, le braccia incrociate davanti al pube; il suo corpo proietta sulla parete un’ombra innaturale, minacciosa.

Riposi la scatola nel ripiano più alto dell’armadio, ma senza il disegno: lo infilai in una cornice e lo appesi in camera – non solo per ricordarmi che ero già sopravvissuta a una reclusione e che quindi potevo farcela ancora. Quell’immagine era il correlativo oggettivo di un dolore che avevo conosciuto e di nuovo mi affliggeva: il desiderio degli altri era interdetto, bisognava soffocarlo.

Con l’allentamento delle restrizioni antipandemiche mio padre tornò a passeggiare. Forse per l’emozione della libertà, il secondo giorno cadde. La sera, in videochiamata, di fronte al suo viso tumefatto e scorticato, ripetevo non è successo niente, dài, non ti sei fatto niente, poi mi si spezzò la voce. I miei genitori abitano in Liguria, cioè in un’altra regione, e nei mesi del lockdown più severo, quando paventavo di non poterli vedere per un anno, Livio mi diceva: giuro che ti ci porto, piuttosto a cavacecio; usava un’espressione romana, anche se lui è ligure, perché sa che mi fa ridere. Era mio padre, quel visetto escoriato, era lo stesso uomo che mi aveva chiusa in casa, da ragazzina, perché intuiva che presto me ne sarei andata, e non sapeva come trattenermi?

Un anno dopo staccai La pubertà dalla parete per traslocare nella casa nuova, ma non lo misi via. È nel mio studio, sullo scaffale in cui sono impilati i libri di Marguerite Duras.



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