Nero come il cuore by Giancarlo de Cataldo

Nero come il cuore by Giancarlo de Cataldo

autore:Giancarlo de Cataldo
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Interno giallo
pubblicato: 1988-12-31T23:00:00+00:00


18

Giovedì mattina donna Vincenza mi servì un caffè bollente alle sette e mezzo. Per tutta la notte avevo maledetto i distillati di cereali, il succo d'uva e un certo tipo d'olio scadente che doveva costituire una notevole fonte di risparmio per i gestori del ristorante. Me la presi anche con Noè Alga-Croce. Un miliardario ha il dovere di frequentare locali meno indecenti.

Vincenza contemplò con malcelato disgusto lo stato miserevole in cui avevo ridotto il blazer e i calzoni. Quando le spiegai che avevo salvato un gattino imprigionato in una grata di ferro, replicò che era una fesseria rovinare roba di qualità per una bestia che porta anche cattive malattie.

Tirinnanzi telefonò dall'aeroporto. Un'asta di cavalli lo impegnava a Milano. Gli promisi che l'avrei sostituito. Ringraziò, informandomi che il totalizzatore mi dava ventiquattro a uno.

--- Sto per perdere il lavoro --- sospirai, riagganciando la cornetta.

Vincenza mi scoccò un'occhiata affettuosa.

--- Povero avvocato, mettersi contro certa gente!

--- Che gente?

--- Il marchese, le suore... Quella negretta non aveva speranze! Così va il mondo. Pensi che c'è una bravissima ragazza, qui al 351, si chiama Caterina Capesce, grande lavoratrice, avvocà, una ragazza d'oro. Be', state a sentire che cosa le è capitato...

Dunque, aveva letto la lettera rimasta incustodita nell'Underwood. Poco male. Piuttosto, si profilava un nuovo tentativo di matrimonio per procura, e corsi a rifugiarmi in bagno. Da dove, di tanto in tanto, commentando con un «Perbacco!» o un «Senti senti!», aiutai la portiera a dividere con un suo simile l'insostenibile leggerezza della solitudine.

Alle otto e un quarto ero pronto per uscire.

--- E c'è un'altra cosa --- insisté lei. --- Quella vi sposa pure se siete senza lavoro. Ha un po' di soldi da parte, e...

Quando fui in strada, andai direttamente al bar di Franco lo Zozzone per telefonare al commissariato. Dal rispetto con cui ne parlavano, compresi che Del Colle doveva essere considerato un pezzo grosso. Comunque, era fuori per servizio. In compenso, fui messo in comunicazione con il sovrintendente Castello. Non avevo voglia di battermi con la sua sgradevole voce roca. Oltretutto, dall'altra parte del filo, qualcuno canticchiava Bello e impossibile e il jukebox di Franco lo Zozzone si domandava che cazzo facesse un certo Pippo. Vinto dal disgusto e dalla contemporaneità delle fonti sonore, riattaccai. Franco mi rimproverò affettuosamente. Erano settimane che non facevo più colazione da lui, ma c'era di peggio: com'era possibile che da un mese rientrassi a casa da solo, e tutte le sere? Decisamente, avevo bisogno di una buona moglie. Subodorando congiure di caseggiato, fuggii di gran carriera.

Al Tribunale si respirava aria di smobilitazione. L'estate significa soppressione di processi, riduzione delle udienze, svuotamento delle aule. Alle già croniche malattie immaginarie di cancellieri, segretari e commessi si sarebbero prestò aggiunte le sacrosante e ineluttabili ferie. La polvere danzava già indisturbata ai raggi del sole che penetravano dalle vetrate. Mi domandai per quale motivo quel luogo, pur così provvisto di finestre sulla realtà, sapesse sempre più d'oscurità e di muffa.

Rade pattuglie di colleghi s'aggiravano per i corridoi con l'aria svagata e assente di chi ormai s'attende molto più dalla notte che non dal lavoro.



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