No Hero: Storia di un Navy Seal by Maurer Kevin & Owen Mark

No Hero: Storia di un Navy Seal by Maurer Kevin & Owen Mark

autore:Maurer, Kevin & Owen, Mark [Maurer, Kevin]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852058431
editore: Mondadori
pubblicato: 2014-11-24T23:00:00+00:00


VIII

VII

Sparare, muoversi, comunicare

Relazioni

I cani continuavano ad abbaiare mentre la nostra pattuglia si dirigeva verso il compound.

Li sentii non appena si affievolì il rumore dell’elicottero. Il primo latrato era echeggiato nella valle mentre stavamo facendo la rituale pisciata alla fine del lungo percorso in volo. Un attimo dopo ne sentii un altro. Quando ormai ci eravamo messi in formazione e avevamo cominciato a muovere verso l’obiettivo, sembrava che un coro di cani volesse avvertire della nostra presenza tutti gli agricoltori e i combattenti della zona.

Dopo undici anni nei SEAL ero un veterano: grazie all’anzianità di servizio, ero diventato caposquadra ed ero abbastanza pratico degli elementi di base delle operazioni. Ormai avevo imparato a non lasciare che le paure mi impedissero di prendere le decisioni giuste e sapevo che il segreto del successo in combattimento erano la comunicazione e il lavoro di squadra.

Questo non significa che fosse facile.

Eravamo arrivati a Kunduz, nell’Afghanistan settentrionale. In quel momento i tedeschi e le altre forze della Coalizione, che ormai da anni avevano la responsabilità della zona settentrionale dell’Afghanistan, conducevano ben poche operazioni offensive, ammesso che ne facessero. Si dedicavano molto di più alla costruzione di strade, scuole e ambulatori. I combattenti nemici, vedendo che nessuno dava loro la caccia, avevano cominciato a sfruttare l’area come un rifugio comodo e sicuro. Diavolo, neanch’io sarei uscito da un campo con una birreria, diversi bar e club, ma quella era una storia diversa.

Eravamo arrivati nell’Afghanistan settentrionale dopo che i nostri analisti dell’intelligence avevano ricevuto una segnalazione che in quella zona si trovava un comandante talebano di alto rango. Mentre gli analisti continuavano la sorveglianza, noi eravamo andati sul posto: volevamo essere già vicini, quando l’operazione avesse avuto la luce verde.

Non avevamo idea dell’aspetto del comandante, quindi durante il briefing la sua immagine era soltanto una silhouette.

Per tutto il giorno i nostri analisti avevano seguito il comandante e lo avevano osservato via ISR mentre radunava combattenti spostandosi da una località all’altra. Infine, dopo il tramonto, il gruppo si spostò in quello che noi chiamiamo un alloggio notturno, di solito un filare di alberi o una posizione difendibile dove si sarebbero fermati la notte a riposare. Casualmente il filare che avevano scelto quella sera confinava con un grande compound: era prassi comune che i combattenti si presentassero in un gruppo di abitazioni civili scelte a caso, chiedessero da mangiare e poi, rifocillati, svanissero fra gli alberi per dormire. La folta vegetazione dell’Afghanistan settentrionale permetteva ai talebani di restare fra gli alberi a pattugliare e, contemporaneamente, li nascondeva ai droni.

Quel pomeriggio, quando i talebani arrivarono, i piloti dei droni li osservarono entrare nel compound e, poche ore dopo, sparire fra gli alberi. Da quello che potevamo vedere via ISR, non si allontanarono mai da quel riparo. Questo, però, non significava che, muovendosi fra gli alberi, non avessero lasciato la zona. Di solito il nemico, durante la notte, si spostava in zone diverse per dormire.

In questo caso gli analisti erano abbastanza sicuri che i talebani non si fossero mossi, quindi decidemmo di dare il via alla missione.



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