Novecento - Un monologo by Alessandro Baricco

Novecento - Un monologo by Alessandro Baricco

autore:Alessandro Baricco
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788807880889
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2008-12-07T16:00:00+00:00


(In audio parte un brano di un virtuosismo pazzesco, magari suonato a quattro mani. Non dura più di mezzo minuto. Finisce con una scarica di accordi fortissimi. L'attore aspetta che finisca, poi riprende)

Così.

Il pubblico si bevve tutto senza respirare. Tutto in apnea. Con gli occhi inchiodati sul piano e la bocca aperta, come dei perfetti imbecilli. Rimasero così, in silenzio, completamente tronati, anche dopo quella micidiale scarica finale di accordi che sembrava avesse cento mani, sembrava che il piano dovesse scoppiare da un momento all'altro. In quel silenzio pazzesco, Novecento si alzò, prese la mia sigaretta, si sporse un po' in avanti, oltre la tastiera, e la avvicinò alle corde del piano.

Leggero sfrigolio.

La ritirò fuori da lì, ed era accesa.

Giuro.

Bella accesa.

Novecento la teneva in mano come fosse una piccola candela. Non fumava, lui, neanche sapeva tenerla fra le dita. Fece qualche passo e arrivò davanti a Jelly Roll Morton. Gli porse la sigaretta.

"Fumala tu. Io non son buono."

Fu lì che la gente si risvegliò dall'incantesimo.

Venne giù una apoteosi di grida e applausi e casino, non so, non si era mai vista una cosa del genere, tutti urlavano, tutti volevano toccare Novecento, un bordello generale, non si capiva più niente. Ma io lo vidi, lì in mezzo, Jelly Roll Morton, fumare nervosamente quella maledetta sigaretta, cercando la faccia da fare, e senza trovarla, non sapeva nemmeno bene dove guardare, a un certo punto la sua mano di farfalla si mise a tremare, tremava proprio, e io la vidi, e non lo dimenticherò mai, tremava così tanto che a un certo punto la cenere della sigaretta si staccò e cadde giù, prima sul suo bell'abito nero e poi, scivolando, fin sulla scarpa destra, scarpa di vernice nera, brillante, quella cenere come uno sbuffo bianco, lui la guardò, me la ricordo benissimo, guardò la scarpa, la vernice e la cenere, e capì, quello che c'era da capire lo capì, si girò su se stesso e camminando piano, passo dopo passo, così piano da non muovere quella cenere da lì, attraversò la grande sala e se ne sparì, con le sue scarpe di vernice nera, e su una c'era uno sbuffo bianco, e lui se lo portava via, e lì c'era scritto che qualcuno aveva vinto, e non era lui.

Jelly Roll Morton passò il resto del viaggio chiuso nella sua cabina. Arrivati a Southampton, scese dal Virginian. Il giorno dopo ripartì per l'America. Su un'altra nave, però. Non voleva più saperne, di Novecento e di tutto il resto. Voleva tornare e basta.

Dal ponte di terza classe, appoggiato alla murata, Novecento lo vide scendere, col suo bel vestito bianco e tutte le valigie, belle, di cuoio chiaro. E mi ricordo che disse soltanto:

"E in culo anche il jazz".



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