Novelliere campagnuolo by Ippolito Nievo

Novelliere campagnuolo by Ippolito Nievo

autore:Ippolito Nievo [Nievo, Ippolito]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2012-12-14T22:00:00+00:00


V

Quei ragazzi cresciuti a quel modo vennero a foggiarsi sopra uno stampo così singolare, che per tutte quelle campagne non se ne sarebbe trovato uno di simile. E i contadini che sovente passavano per di là e sempre li vedevano o fra le giuncaie o tra i rami dei salici o dietro le siepi, avean finito col nominarli la Favitta e lo Sgricciolo, i quali sono per l’appunto due uccelletti saltinfrasca che sembrano beffarsi di chi li insegue lasciandosi quasi toccare e poi sfuggendo e cinguettando via tutti vispi e saltellanti per entro a’ roveti o a cespugli. Il Pierino per verità, per essere di fondo semplice e mansueto, non avea trovato nulla di spiacevole in questo nome di regalo; ma in quanto alla Tina non la si volle mostrare così arrendevole, e convenendo con lui, che quella similitudine s’appropriava a loro per ogni verso, lo persuase cionnullostante a giovarsene valorosamente per trarre vendetta dell’altrui mala intenzione. Quella testolina di fanciulla covava, come ben si vede, l’eroica ambizione d’essere piuttosto la prima a Glaunico che la seconda a Roma, perciò non la consentiva così di leggieri che altri se la mettesse sotto i piedi; e burliera come il folletto e linguacciuta come un campanello di sacristia, non le mancavano cento armi colle quali difendersi. Infatti cominciò ella coll’aiuto dello Sgricciolo una accanita guerra di rappresaglia, investendo i passeggieri di ogni lato con satire e con motteggi; né v’avea maniera di scamparla, così fitta era la gragnuola, ne almeno si poteva sfilare alla muta34 poiché i due ragazzi s’accampavano sempre sulla via, o nei colti35 circostanti, e siccome in quei siti la terra è spellata36 come una buona vecchia, così essi pei trafori della macchia, o fra i radi arboscelli distinguevano dalla lunga ogni viandante e incontanente erangli addosso con un micidiale saettame di spropositi. Alle prime volte pertanto vi fu chi torse il naso a questi brutti tiri; ma i bricconcelli stavano bene all’erta; e appena vedessero un cotale guardarli di sbieco e sbassarsi come per deporre il sacco o la gerla, tosto davanla a gambe per le bassure più rotte e paludose; e di là rinnovavano i fischi e le beffe. Così la gente s’addomesticò a poco a poco con essi, togliendoli in santa pace come si piglia la tosse quando Dio ce la manda; e la Favitta e lo Sgricciolo gonfi di questi titoli come d’altrettanti trofei, non rispondevano omai più a chi li chiamasse pei loro nomi cristiani. Così alle spalle di chi passava godevano essi il mattino; e la Favitta poi mentre il suo maggiordomo era alla scuola, anziché tacere o intimidirsi rincarava sulle solite birbonate, per essere allora piucchemai permalosa e scontenta. Ma il dopo pranzo quando già le strade camperecce rimanevano affatto deserte aveva tregua quel loro spirito guerresco: e in onta alle gridate di Simone e alle raccomandazioni della Polonia, dove correvano i due serpentelli? Proprio sulle rive di quell’incantevole Varmo, dove spassi più innocenti se non meno irrequieti, ed altri mille giochi li svagavano per le mezze giornate.



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