Odissea (Traduzione di Maria Grazia Ciani) by Omero

Odissea (Traduzione di Maria Grazia Ciani) by Omero

autore:Omero
La lingua: ita
Format: azw3, epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2010-10-16T07:00:00+00:00


XVI.

TELEMACO E ODISSEO

Nella capanna intanto Odisseo e il divino guardiano all’alba accendevano il fuoco, preparavano il pasto, dopo aver mandato via i pastori con tutti i maiali. E mentre avanzava Telemaco, muovevano le code i cani, senza abbaiare. Si accorse il divino Odisseo dei cani che facevano festa, udì anche un rumore di passi. Subito si rivolse a Eumeo e gli disse:

«Eumeo, sta arrivando certo un amico o una persona ben conosciuta, muovono le code i cani, e non abbaiano; sento anche un rumore di passi».

Non finì di parlare, e il suo amato figlio era lì, sulla soglia. Balzò in piedi, stupito, il guardiano, dalle mani gli caddero i vasi coi quali mesceva il vino lucente. Al suo signore si fece incontro, gli baciò la testa, i begli occhi, le mani. Gli cadevano fitte le lacrime. Come un padre amoroso con affetto accoglie il figlio che dopo dieci anni ritorna da terre lontane, l’unico figlio amatissimo per il quale ha molto sofferto, così allora il guardiano di porci abbracciava e baciava il divino Telemaco, come se fosse scampato alla morte; e piangendo gli diceva queste parole:

«Sei dunque tornato, Telemaco, luce dei miei occhi. Non credevo di rivederti mai più da quando partisti sulla nave per Pilo. Ma entra ora, figlio carissimo, perché io goda nel cuore a vederti qui in casa, appena tornato. Non vieni spesso nei campi, in mezzo ai pastori, preferisci stare in città, ti piace forse guardare la funesta folla dei Proci».

Gli rispose il saggio Telemaco:

«Forse è così, padre. Ma ora sono qui per te, per vederti e sentire da te se in casa mia madre attende ancora o se l’ha già sposata qualcuno e il letto di Odisseo, vuoto e deserto, è coperto da tristi tele di ragno».

Gli disse il guardiano, signore di uomini:

«No, lei è sempre nella tua casa e aspetta con cuore paziente consumando le notti e i giorni nella pena e nel pianto».

Così parlò e gli prese la lancia di bronzo. Entrò Telemaco oltrepassando la soglia di pietra e al suo entrare il padre Odisseo gli voleva cedere il posto, ma lo trattenne Telemaco e disse:

«Resta seduto, straniero, troverò da sedere anche altrove, nella mia stalla. Ecco l’uomo che mi troverà posto».

Disse, tornò a sedersi Odisseo. E per Telemaco ammucchiava il guardiano delle verdi frasche e le copriva con pelli di pecora. Qui si sedette allora il figlio di Odisseo. A loro offriva il guardiano di porci piatti di carne arrostita, quella avanzata dal giorno prima, rapido riempiva di pane i canestri, nella ciotola di legno mesceva il vino dolcissimo. Poi si sedette davanti al divino Odisseo. Sui cibi pronti e imbanditi stesero essi le mani. Ma quando furono sazi di cibo e di bevande, si rivolse allora Telemaco al guardiano glorioso:

«Padre, da dove viene quest’ospite? in che modo lo hanno portato a Itaca, per mare? chi sono i marinai? Certo non è venuto a piedi fin qui».

E tu così gli rispondesti, Eumeo:

«Tutta la verità ti dirò, figlio mio. Della grande Creta dice



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