Ogni riferimento è puramente casuale (2019) by Antonio Manzini

autore:Antonio Manzini [Manzini, Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2019-05-04T22:00:00+00:00

È tardi

Il sole s'era alzato dietro i monti del Gennargentu e aveva sorpreso lo scrittore Gavino Satta Mulas ancora sveglio sulla sua poltrona di pelle. Ci aveva passato la notte ad ascoltare il rumore del vento. Altro non poteva fare in quella casa isolata dal resto del mondo, a mezz'ora di macchina da Gavoi, in mezzo alle rocce calcaree della Barbagia. Era il suo ritiro, la sua oasi impenetrabile, il posto dove il grande scrittore aveva creato pietre miliari della letteratura italiana. Lì era nato il suo primo romanzo, La bandita, Premio Campiello nell'80, e sempre lì, nel silenzio di quelle rocce, aveva preso luce sulla sua Lettera 22 In fondo al cuore, seicentomila copie nell'84. La sua casa piccola e solitaria era circondata dai pascoli disegnati geometricamente dai muretti di pietra a secco e solo il passaggio di un gregge ogni tanto gli ricordava che nel mondo la vita andava avanti. Niente giornali, niente televisione, niente internet. Solo la macchina da scrivere e i libri – la casa ne era ricolma – che lui amava rileggere. L'unico contatto col mondo era il suo cellulare, che Gavino teneva acceso una sola ora al giorno, e sul quale però da una settimana non arrivava né una chiamata né un messaggio. Non che lo scrittore sentisse la mancanza di amici e colleghi. Non ne aveva. Ma stava aspettando una risposta. Una risposta che forse poteva farlo tornare in auge, nell'occhio del ciclone della critica letteraria e forse chissà, anche in testa alle classifiche. Non pubblicava niente da ormai sei anni e per quel motivo aveva lasciato la sua casa di Roma e s'era ritirato lì in Barbagia a scrivere il suo ultimo capolavoro: I nuraghi hanno gli occhi. Una storia spietata di frontiera che raccontava di un destino bastardo che si accaniva su un gruppo di mamutones di Abbasanta. Il manoscritto l'aveva finito da tempo e già da un mese Alfredo Vasco Pedretti, il suo agente, ce l'aveva per le mani. Ma quelli della casa editrice non davano risposta. Sembrava che il mondo si fosse dimenticato di Gavino Satta Mulas! Lo scrittore Premio Campiello, tre volte in cinquina allo Strega e vincitore nel '90 del Premio Liquoroso. Com'era possibile che capolavori come Lingua di ghiaccio, che raccontava l'eterna lotta fra un inuit e un narvalo nel circolo polare artico, La società dei magnaccioni, un romanzo di critica spietata all'Italia dei post craxiani, e Madre pastora, la risposta forse un po' azzardata al capolavoro di Ledda, scrittore col quale s'era voluto misurare fin da ragazzo, fossero caduti nel dimenticatoio? Solo pochi anni prima i suoi libri venivano letti nelle scuole, ripubblicati in edizioni economiche per dare la possibilità a tutti di godere della sua prosa scattante, dei suoi intrecci sofisticati e sorprendenti, dei suoi personaggi così veri e scolpiti nella sua prosa granitica da lasciare il segno nell'immaginario collettivo di una nazione. Eppure la stella di Gavino Satta Mulas sembrava essersi oscurata. Più volte s'era domandato il perché, nelle notti solitarie della sua Barbagia.

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