Oliver Twist by Charles Dickens

Oliver Twist by Charles Dickens

autore:Charles Dickens
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton editori


Capitolo XXVIII. Si occupa di Oliver e continua con le sue avventure

«Vi possano sbranare i lupi!», borbottò Sikes serrando i denti. «Magari stessi in mezzo a voi; vi farei abbaiare ancora più rochi».

E latrando questa imprecazione con la massima ferocia di cui era capace, adagiò il corpo del ragazzo ferito appoggiandolo al suo ginocchio e girò la testa un attimo per guardare indietro gli inseguitori.

Non si distingueva quasi nulla in quella nebbia e in quella oscurità ma le grida acute degli uomini vibravano nell'aria e il latrare dei cani più vicini, eccitati dalle campane a distesa, risuonava tutt'intorno.

«Fermati! Bastardo senza fegato!», gridò il ladro a Toby Crackit il quale, facendo buon uso delle gambe, era già piuttosto avanti. «Fermati!».

Quella ingiunzione ripetuta determinò l'immediato bloccarsi di Toby poiché egli non era del tutto sicuro di essere già fuori portata di pistola, e con un Sikes di quell'umore non c'era da scherzare.

«Dammi una mano col ragazzo», ruggì Sikes con un cenno furioso al compare. «Torna indietro!».

Toby fece mostra di obbedire ma a voce bassa e rotta, annaspando mentre lentamente tornava indietro, accennò a protestare timidamente le sue obiezioni.

«Muoviti!», gridò Sikes adagiando il ragazzo in un fosso ai suoi piedi e tirando fuori la pistola dalla tasca. «Non fare il furbo con me».

In quel momento il baccano aumentò. Guardando di nuovo intorno, Sikes potè distinguere gli inseguitori che, preceduti da un paio di cani, stavano già scavalcando il cancello del campo nel quale si trovavano.

«È finita, Bill!», esclamò Toby. «Lascia il ragazzo e dattela a gambe». Con questo consiglio di congedo il signor Crackit, preferendo il rischio di essere colpito dall'amico alla certezza di essere catturato dai suoi nemici, girò sui tacchi e partì a tutta velocità. Sikes digrignò i denti, si guardò intorno, gettò sul corpo prostrato di Oliver il mantello in cui l'aveva frettolosamente avvolto, scappò lungo il bordo della siepe per distrarre l'attenzione degli inseguitori dal luogo in cui giaceva il ragazzo, si fermò per un secondo davanti a un'altra siepe che l'incrociava ad angolo retto, e lanciata in aria la pistola saltò oltre e sparì.

«Qua! Qua!», gridò una voce tremante di dietro. «Lampo! Pluto! Venite qua! Qua!».

I cani che, come i loro padroni, non sembravano entusiasti dell'esercizio nel quale erano impegnati, risposero prontamente al comando e tre uomini, che nel frattempo s'erano inoltrati nel campo, si fermarono a consulto.

«Il mio consiglio, o dovrei piuttosto dire il mio ordine», fece il più grasso del gruppo, «è che noi si torni immediatamente a casa».

«Io sono d'accordo con tutto quello che sta bene al signor Giles», disse un uomo più basso ma per niente esile, sbiancato in viso e gentile come lo è di solito chi è spaventato.

«Non vorrei sembrare scortese, signori», disse il terzo che aveva richiamato indietro i cani. «Il signor Giles sa il fatto suo».

«Sicuro», replicò quello più basso, «e qualunque cosa dica il signor Giles, non spetta a noi contraddirlo. No, no, so bene qual è il mio posto. Grazie al cielo, so bene qual è il mio posto!».



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