Oltre l’estremo by Sconosciuto

autore:Sconosciuto [Sconosciuto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2021-03-11T00:00:00+00:00

Così avviene in fondo anche nella metropoli, quasi fosse una limitata istituzione chiusa sotto l’apparenza della sua illimitata dimensione spaziale. Con una lieve forzatura che tuttavia spinge il pensiero oltre il luogo comune, possiamo definire Auschwitz una grande metropoli anch’essa portatrice di un linguaggio, generatrice – come madre/matrigna – di orrore e di morte. Le figure che si aggirano in questo spazio privo di confini – eppure per altri versi chiuso – sono spesso veri e propri zombi, corpi né vivi né morti, in attesa di un rifugio che possa contenere la loro vita presa di mira ancora una volta da un potere capace di annientare, di annullare, di depersonalizzare.

Una metropoli incapace di accogliere ma pronta a respingere tutti coloro che non le appartengono, che non parlano la sua lingua, che non seguono le sue regole. Questi brevi pensieri non potrebbero essere validi anche per Auschwitz? La morte aleggia sulla grande città in termini non solo di fine dell’esistenza ma anche con una presenza costante che significa innanzitutto non-riconoscimento dell’alterità, dell’altro, della persona. Questo meccanismo di annullamento è anch’esso un dispositivo che fa della metropoli da un lato uno spazio chiuso e controllato da un panopticon come avviene in modo più evidente nelle gated communities e dall’altro una voragine che fa dell’angoscia e della negazione i principali attributi e le fondamentali conseguenze del meccanismo della vigilanza. Non si può escludere, quindi, che quella che lo stesso Sofsky definisce società del lager si estenda oltre i suoi confini in quella società che è la megalopoli, ma soprattutto che sia una società che non consenta di fare della liberazione una forma di libertà (cfr. Stone 2017). Essere liberati non significa a volte rimpossessarsi della libertà di esistere, liberi dall’oltraggio subito. Dalla esperienza dello sterminio così come da quella della costante prossimità alla morte non ci si libera. Così come non ci si salva dalla solitudine, dai rischi e dai vissuti ‘estremi’ che la metropoli offre ai suoi abitanti. Molto ancora si potrebbe dire sul significato di una comunità apparentemente libera come quella che vive nella grande città, ma in realtà prigioniera di un potere totalitario impietoso e portatore di morte del corpo e dell’anima, mascherato sotto il segno benevolo del progresso. Ma vorrei concludere con una frase finale e – credo – dotata del senso di quanto fin qui narrato:

Il serpente striscia

portando la lieve orma fin dentro

l’orrore

della sua origine

fin dentro

l’orrore del male

fin dentro

l’orrore.

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