Orizzonti quotidiani by Luca Gaeta

Orizzonti quotidiani by Luca Gaeta

autore:Luca Gaeta [Gaeta, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2023-03-27T00:00:00+00:00


5.3 La vita quotidiana e la città

A partire dagli anni ’60, la critica della vita quotidiana si declina sempre più come critica della città e delle forme di vita urbana. Sin dalla precoce attenzione dedicata alle condizioni di vita degli abitanti dei grand ensemble e delle ville nouvelle (Lefebvre 1970a), la città appassiona Lefebvre per due ragioni dialetticamente complementari. Da un lato, egli considera la città come il fronte più avanzato di sperimentazione delle strategie e dei metodi della riproduzione capitalistica, tra i quali l’urbanistica funzionalista svolge un ruolo importante. Dall’altro lato, egli considera la città come antagonista dello Stato e della grande impresa capitalista. La città è il luogo nel quale al più alto grado di alienazione corrisponde il più alto potenziale di rivolta del proletariato di antica e più recente formazione.

Lefebvre si persuade che la città è il terreno più promettente per la lotta rivoluzionaria perché osserva la saldatura di industrializzazione e urbanizzazione, tanto da affermare che è in atto una “rivoluzione urbana” (Lefebvre 1970b). Con questa espressione egli nomina una forma emergente di capitalismo il cui motore non è industriale ma urbano, il cui imperativo non è produttivo ma consumistico.

La rivoluzione urbana proietta ovunque frammenti di città attraverso un moto centrifugo dirompente, ormai dilagato nella campagna sotto forma di infrastrutture, seconde case e mezzi di comunicazione, con la corrispondente trasformazione della natura in valore simbolico. La civiltà contadina conosciuta da Lefebvre quando era un ragazzo è per lui irrimediabilmente perduta. Anche la civiltà urbana, però, corre un serio pericolo assumendo la dimensione planetaria prefigurata da Isaac Asimov (1951) in un romanzo fantascientifico più volte citato dal nostro autore.

Il processo di urbanizzazione planetaria compromette la capacità della città di essere un condensatore sociale (Kopp 1967), cioè un deposito e un generatore di energia creativa: ciò che Lefebvre riassume nel concetto di opera (œuvre). Diversamente dal prodotto industriale, realizzato in serie un esemplare identico all’altro come oggettivazione del valore di scambio, “la città e la realtà urbana dipendono dal valore d’uso” (Lefebvre 1972, p. 14). La città come creazione artistica collettiva dei suoi abitanti è testimonianza di una società ancora capace di consumi improduttivi, senza altro scopo che il piacere, il fasto e il prestigio. Se questo era possibile nella città storica, non lo è più nella città capitalista dove il valore di scambio diventa misura di tutte le cose, compresi gli edifici e il suolo.

L’interesse di Lefebvre per la città come opera collettiva è motivato dalla ricerca di una prassi creativa e liberatoria a diretto contatto con la vita quotidiana. Egli prevede che, “allontanato dalla città, il proletariato finirà di perdere del tutto il senso dell’opera” (Lefebvre 1972, p. 26). Il “diritto alla città” è la pretesa di fare la città con le proprie mani per goderne. In quanto opera che si realizza solo collettivamente, la città consegue un duplice scopo liberatorio dell’individuo alienato: nel fare la città come opera egli libera se stesso in una maniera che libera gli altri incontrandoli, godendo della loro compagnia. Fare la città come opera è una liberazione individuale e collettiva al tempo stesso.



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