Orlando innamorato by Matteo Maria Boiardo

Orlando innamorato by Matteo Maria Boiardo

autore:Matteo Maria Boiardo
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 2011-01-24T05:00:00+00:00


1.

Luce degli ochi mei, spirto dil core

Per cui cantar solìa sì dolcemente

Rime ligiadre e bei versi d’amore,

Spirami aiuto ala storia presente.

Tu sola al canto mio facesti onore

Quando di te parlai primeramente,

Perché a qualunque che di te ragiona

Amor la voce e l’intelleto dona.

2.

Amor primo trovò le rime, e versi,

E soni, e canti e ogni melodia;

Le gente istrane e ’ populi dispersi

Congionse Amor in dolce compagnia.

Il dileto e ’l piacer sarìan sumersi

Dove Amor non avesse signoria;

Odio crudel e dispietata guera,

S’Amor non fosse, avrìan tuta la tera.

3.

Lui pone l’avaricia e l’ira in bando

E ’l core acresce al’animose imprese:

Né tante prove più mai fece Orlando

Quante nel tempo che d’Amor s’acese.

Di lui vi ragionava, alora quando

Con quella dama nel prato discese:

Or questa cosa vi voglio seguire

Per dar dileto a cui piace d’odire.

4.

La dama che col conte era smontata,

Gli dicea: «Cavalier, in fede mia,

Se non che messagera io son mandata,

Dentro a questo giardin tieco verrìa;

Ma non posso indugiar una giornata:

Del mio camin è ben longa la via!

Or quel ch’io te vuò dir intende bene:

Esser gagliardo e sagio ti conviene.

5.

Se non vòi esser di quel drago pasto

Che d’altra gente ha consumata assai,

Convienti di tre giorni esser ben casto,

Né camparesti in altro modo mai.

Questo dragon fïa il primo contrasto

Ch’ala primiera intrata trovarai.

Un libro ti darò, dove è depinto

Tuto ’l giardin e ciò ch’è dentro al cinto:

6.

E il dragon che gli omini divora

E l’altre cose tute quante dice,

E discrive il palagio ove dimora

Quella regina, bruta incantatrice.

Ier entrò dentro, e dimòravi ancora,

Perché con succo d’erbe e de radice

E con incanti fabrica una spata

Che tagliar pòsa ogni cosa afatata.

7.

In questo non lavora se non quando

Volta la luna e che tuta s’oscura.

Or te vuò dir perché ha fato quel brando

E pone al temperarlo tanta cura:

In Ponente è un baron ch’ha nome Orlando,

Che per sua forza al mondo fa paura;

La incantatrice trova per destino

Che costui disertar debe il giardino.

8.

Comme se dice, egli è tuto fatato

In ogni canto, e non si può ferire;

E’ con molti guerieri è già provato

E tuti quanti gli ha fato morire.

Perciò la dama il brando ha fabricato,

Perché ’l baron ch’i’ ho deto abia a perire:

Benché lei dica che pur scià di certo

Che ’l suo giardin da lui sarà diserto.

9.

Ma quel che più bisogna avìa scordato

E speso ho ’l tempo con tante parole:

Non se può intrar in quel loco incantato

Se non a ponto quando lieva il sole.

Poi ch’io son quivi, è bon tempo passato:

Più tieco star non posso, e me ne dole.

Or piglia il libro, e pónevi ben cura.

Idio te aiuti, e doneti ventura».

10.

Cossì dicendo gli dà il libro in mano

E da lui tuol combiato la fantina;

Ben la ringracia il cavalier soprano:

Lei monta il palafren e via camina.

Va passegiando il conte per il piano,

Poiché indugiar convien ala matina:

Ben gli rencresce il gioco che gli è guasto,

Ch’esser convien a quela impresa casto.

11.

Perché Origilla, quela damigella

Ch’avìa campata, sieco dimorava,

Amor e gran disio dentro il martela;

Ma pur indugïar deliberava.

La luna era nel ciel e ogni stella:

Il conte sopra al’erba si possava

Col scudo soto il capo e tuto armato;

La damigela a lui stava da lato.

12.

Dormiva



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