Palestina e Israele: che fare? by Noam Chomsky & Ilan Pappé

Palestina e Israele: che fare? by Noam Chomsky & Ilan Pappé

autore:Noam Chomsky & Ilan Pappé [Chomsky, Noam & Pappé, Ilan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2015-05-25T22:00:00+00:00


NC: Da questo punto di vista sussistono delle differenze con il Sudafrica. In quel caso la comunità oppressa di colore era pari all’85 percento della popolazione e costituiva la manodopera da cui dipendeva il paese. Vi fu pure una forte pressione esterna da parte di Cuba, i cui militari intervennero nei paesi vicini che il regime sudafricano cercava di assorbire nella propria orbita. Ma oltre a tutto questo, vi fu un altro fattore che incise profondamente sull’evoluzione del Sudafrica: negli anni Ottanta, e in particolare dopo il massacro di Soweto del 1987, si sviluppò dall’interno un potente movimento di militanza nera che non è paragonabile ai due fenomeni israeliani appena descritti.

IP: No, infatti.

FB: Analizziamo ora la società e la politica palestinesi. Di recente il professor Haidar Eid, che lavora a Gaza, ha scritto su «Al-Shabaka»: «L’unica via d’uscita sarebbe dissociarsi dal sistema politico palestinese; non essendovi i margini per un cambio radicale all’interno delle attuali strutture, i palestinesi dovrebbero ricostruire dal basso, in modo organico, un’alternativa politica credibile». Siete d’accordo con l’idea della dissociazione, e non dovremmo forse praticarla anche noi in Europa e in Occidente? Poiché i nostri governi, democratici o repubblicani, di destra o di sinistra, non ci rappresentano, la dissociazione dall’attuale sistema non potrebbe essere un modo per costruire qualcosa di meglio?

NC: Che questa proposta arrivi da chi vive a Gaza, quasi come un grido di disperazione, è perfettamente comprensibile. Come ho già detto, sono stato di recente in quella terra, e la situazione è gravissima, ma che cosa significa dissociazione? Cioè, da che cosa ci si dissocia?

In Occidente non penso che abbia molto senso; è vero che i governi non ci rappresentano, tuttavia ci sono ampi margini d’azione, non viviamo in Stati fascisti. Ci sono tante strade da percorrere. Esiste un potere statale, ma la sua capacità repressiva non è troppo elevata; è una struttura fragile, influenzabile e manipolabile. Non capisco che cosa voglia dire dissociarsi... Vuol dire andare nel Montana, prendere un pezzo di terra e vivere di ciò che si coltiva? Quest’idea può forse avere un senso nel caso del localismo agricolo, ossia la produzione a chilometro zero, o dell’agricoltura urbana, o di altre iniziative per liberarsi dal giogo delle forze socioeconomiche dominanti; tuttavia, nel quadro delle istituzioni attuali vi è un margine amplissimo per operare un cambiamento dall’interno, a differenza di Gaza. Le due realtà non sono paragonabili.

IP: Tuttavia, bisogna dare ascolto ai sentimenti che attraversano quella terra, in particolare al desiderio di fare meno affidamento sulle strutture politiche attuali, perché queste hanno deluso profondamente i palestinesi, ovunque essi si trovino.

Se si vuole davvero venire incontro a queste esigenze, si deve accortamente promuovere una nuova impostazione nelle relazioni tra ebrei e arabi tra il fiume Giordano e il Mediterraneo, non in contrapposizione con le strutture esistenti, bensì dialogando con esse. Quest’opera di riformulazione dovrebbe coinvolgere il maggior numero di persone, anche gli esponenti di Fatah, di Hamas o dei partiti politici israeliani; sarebbe un buon punto di partenza per analizzare e inquadrare la situazione presente.



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