Paralipomeni Della Batracomiomachia by Giacomo Leopardi
autore:Giacomo Leopardi [Leopardi, Giacomo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:57:05+00:00
CANTO SESTO
In lui rivolta la nemica gente
Sentì del braccio suo lâerculea possa.
1
A salvarla da quel non fu possente La crosta ancor che dura ancor che grossa.
Meta al fuggir le inviolate schiere Spezzavala cadendo ogni fendente
Di Topaia ingombrà r le quattro porte.
Di quella spada, e scricchiolar fea lâossa, Non che ferir, potute anco vedere
E troncava le branche e di mal viva Non ben le avea deâ granchi il popol forte.
E di gelida turba il suol copriva.
Cesar che vide e vinse, al mio parere, Men formidabil fu di Brancaforte,
45
Al qual senza veder fu coâ suoi fanti Agevole a fugar tre volte tanti.
Così pugnando sol contro infiniti
Durò finché il veder non venne manco.
2
Poi che il Sol fu disceso ad altri liti, Sentendo il mortal corpo afflitto e stanco, Tornata lâoste aâ babbi intera e sana, E di punte acerbissime feriti
Se a qualcuno il fuggir non fu mortale, E laceri in più parti il petto e il fianco, Chiuse le porte fur della lor tana Lo scudo ove una selva orrida e fitta Con diligenza alla paura uguale.
Dâaste e dâarmi diverse era confitta, E per entrarvi lungamente vana
Stata ogni opra saria dâogni animale, 46
Sì che molti anni in questo avria consunto Brancaforte che là tosto fu giunto, Regger più non potendo, ove più folti Glâinimici sentia, scagliò lontano.
3
Storpiati e pesti ne restaron molti, Altri schiacciati insucidaro il piano.
Se non era che quei che per nefando Poscia gli estremi spiriti raccolti, Inganno del castello eran signori, Pugnando mai non riposò la mano
E châor più faci al vento sollevando Finché densato della notte il velo, Sedean lassù nellâalto esploratori, Cadde, ma il suo cader non vide il cielo.
Visto il popolo attorno ir trepitando E dentro ritornar quelli di fuori, Indovinà r quel châera, e fatti arditi 47
I serragli sforzar mal custoditi.
Bella virtù, qualor di te sâavvede, Come per lieto avvenimento esulta
4
Lo spirto mio: né da sprezzar ti crede Se in topi anche sii tu nutrita e culta.
E con sangue e terror corsa la terra Alla bellezza tua châogni altra eccede, Aprir le porte alla compagna gente, O nota e chiara o ti ritrovi occulta, Che qual tigre dal carcer si disserra, O da ramo si scaglia atro serpente, E in ogni opra di re dotto ed accorto, Precipitaron dentro, e senza guerra Che per arte e per forza ebbe valore Tutto il loco ebber pieno immantinente.
Di prestamente far che per conforto Il rubare, il guastar dâuna nemica Suo si reggesse il regno, e ramo o foglia Vincitrice canaglia il cor vi dica.
Non si movesse in quel contro sua voglia.
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Più giorni a militar forma dâimpero Chiuso per suo comando il gabinetto, Lâacquistata città fu sottoposta,
Chiuse le scole fur che stabilito
Brancaforte imperando, anzi nel vero Aveva il conte, come sopra ho detto, Quel ranocchin châegli avea seco a posta E dâesser neâ caratteri erudito
A ciò che lâalfabetico mistero
Fu, comâei volle, al popolo interdetto, Gli rivelasse in parte i dì di posta, Se di licenza special munito
E sempre che bisogno era dellâarte A ciò non fosse ognun: perché i re granchi Dâintendere o parlar per via di carte.
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