Pensiero femminista e tecnologie riproduttive by Alessandra Di Martino

Pensiero femminista e tecnologie riproduttive by Alessandra Di Martino

autore:Alessandra Di Martino [Martino, Alessandra Di]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2020-07-15T00:00:00+00:00


3.

IL CONFRONTO IN ITALIA: QUALE DIRITTO ALLA SALUTE, QUALE AUTODETERMINAZIONE E QUALE DIGNITÀ?

In Italia, come si è già ricordato, il dibattito svoltosi a cavallo dell’approvazione della legge n. 40/2004 è stato polarizzato prevalentemente tra un fronte religioso-conservatore e uno laico-progressista. La legge è stata criticata sia per aver riconosciuto la soggettività giuridica del concepito, sia per una serie di norme eccessivamente restrittive, concernenti i criteri di accesso alle tecniche, le tipologie di queste e le loro modalità di realizzazione. La discussione ha investito non solo medici, biologi, bioeticisti e giuristi nelle loro specifiche discipline ma anche lo spazio pubblico, specie in occasione della campagna referendaria per l’abrogazione della legge e di alcune sue parti. Com’è noto allora non si raggiunse il quorum costituzionalmente previsto1. Meno presenti – o meglio meno udibili, ancorché presenti – sono state le voci femministe sulle questioni controverse, con alcune eccezioni2. Oltre a sottolineare le ripercussioni e le ambivalenze delle tecnologie riproduttive con riguardo all’asimmetria tra i sessi nella riproduzione e all’ordine simbolico in cui si situa la soggettività femminile3, alcune autrici hanno messo in luce la continuità di impostazione tra la legge 40 e le soluzioni dell’ordinamento in tema di aborto, soluzioni che non hanno raccolto le sfide poste dal movimento femminista tese a svolgere una più profonda riflessione sulle relazioni tra gli uomini e le donne (ancor prima che sul rapporto tra la madre e il feto o l’embrione). Hanno quindi denunciato l’erroneità di una contrapposizione di fondo tra la madre e il concepito. L’assenza di un conflitto tra le due posizioni è ancora più evidente nella procreazione assistita, essendo la madre e il concepito proiettati verso il medesimo progetto di vita4. Le autrici hanno inoltre notato criticamente come al centro del percorso avviato con le tecniche riproduttive vi fosse la coppia e non la donna, nonché l’impostazione afflittiva della legge per quest’ultima, impostazione che esasperava la tendenza alla medicalizzazione e costringeva la donna a sottoporsi a trattamenti inutilmente gravosi5. Altre attiviste e ricercatrici, come si è ricordatopiù in alto, hanno cercato di far luce sugli aspetti più opachi delle questioni inerenti alle tecnologie riproduttive, in particolare sull’esistenza di un mercato internazionale di ovuli. In occasione del referendum hanno optato per l’astensione, affermando di preferire una “brutta legge restrittiva” all’assenza di regolamentazione su aspetti chiave che avrebbe perpetuato un “liberismo medico e farmacologico in materia riproduttiva”6.

Passati alcuni anni dall’entrata in vigore della legge 40, la Corte costituzionale ha annullato alcune delle sue norme più contestate7. L’intervento incisivo dei giudici costituzionali costituisce una peculiarità dell’esperienza italiana nel panorama comparativo. La nostra giurisprudenza si differenzia inoltre da quella degli altri paesi e della Corte europea dei diritti dell’uomo per aver utilizzato come perno il diritto alla salute (art. 32 Cost.)8, secondo un’impostazione che risale alla prima sentenza sull’aborto9, un diritto che tuttavia ha rilevato in maniera diversa nelle varie decisioni.

La pronuncia n. 151/2009 ha dichiarato incostituzionale il divieto di produrre più di tre embrioni e di impiantarli contestualmente, salvo cause di forza maggiore, introducendo altresì una deroga al divieto di crioconservazione.



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