Pianura in fiamme by Juan Rulfo

Pianura in fiamme by Juan Rulfo

autore:Juan Rulfo [Rulfo, Juan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2017-09-27T22:00:00+00:00


Luvina

Delle colline alte del sud, quella di Luvina è la più alta e la più pietrosa. È piena zeppa di quella pietra grigia con cui fanno la calce, ma a Luvina con essa non fanno calce e non ne ricavano alcun profitto. Lì la chiamano pietra cruda, e il colle che sale verso Luvina lo chiamano salita della Piedra Cruda. L’aria e il sole si sono incaricati di sminuzzarla, e per questo la terra di lì è bianca e lucida, come se fosse sempre spruzzata dalla rugiada del mattino; anche se questo è così per dire, perché a Luvina i giorni sono tanto freddi quanto le notti e la rugiada si quaglia nel cielo prima che arrivi a cadere sulla terra.

… E la terra è ripida. Si stacca da tutti i lati in burroni profondi, di una profondità che si perde, tanto è lontana. Quelli di Luvina dicono che da quei burroni salgono i sogni; ma l’unica cosa che io ho visto salire è il vento, rombando, come se laggiù lo tenessero dentro tubi di canna. Un vento che non lascia crescere nemmeno le dulcamare: quelle piantine tristi che a stento possono vivere un po’, unte in terra, aggrappate con tutte le loro mani ai dirupi delle montagne. Solo certe volte, là dove c’è un po’ d’ombra, nascosto tra le pietre, fiorisce il chìcalote con i suoi papaveri bianchi. Ma il chicalote appassisce presto. Allora si sente che graffia l’aria con i suoi rami pieni di spine, facendo un rumore come quello di un coltello su una pietra da arrotare.

Poi lo vedrà lei quel vento che soffia su Luvina. È bigio. Dicono che sia perché trascina sabbia del vulcano; ma il fatto è che è un’aria nera. Poi lo vedrà lei. Si fissa a Luvina, aggrappandosi alle cose come se le mordesse. Sono troppi i giorni in cui si porta via il tetto delle case, come se si portasse via un cappello di petate, lasciando le mura nude e scoperchiate. Poi gratta come se avesse unghie: lo si sente al mattino e alla sera, un’ora dietro l’altra, senza riposo, grattando le pareti, strappando croste di terra, scavando con la sua pala appuntita dal di sotto delle porte, finché uno lo sente agitarsi dentro, come se si mettesse a rimuovere le zanche delle nostre stesse ossa. Poi lo vedrà lei.

Quell’uomo che parlava rimase zitto per un po’, guardando verso fuori.

Arrivava fino a loro il suono del fiume che passava le sue acque ingrossate per i rami dei catnichines, il mormorio dell’aria che muoveva dolcemente le foglie dei mandorli, e le grida dei bambini che giocavano nel piccolo spazio illuminato dalla luce che usciva dalla bottega.

I tarli entravano e rimbalzavano contro la lampada a petrolio, cadendo al suolo con le ali bruciacchiate. E fuori continuava ad avanzare la notte.

- Senti, Camilo, mandaci altre due birre! - disse ancora l’uomo. Dopo aggiunse:

- Un’altra cosa, signore. Lei non vedrà mai un cielo azzurro a Luvina. Lì tutto l’orizzonte è stinto; sempre annebbiato da una chiazza caliginosa che non si cancella mai.



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