Piattaforma by Sconosciuto

Piattaforma by Sconosciuto

autore:Sconosciuto [Sconosciuto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2019-09-22T16:00:00+00:00


* CAP: Caractéristiques, Avantages, Preuves (“Caratteristiche, Vantaggi, Prove”); SONCAS: Sécurité, Orgueil, Nouveauté, Confort, Argent, Sympathie (“Sicurezza, Orgoglio, Novità, Comodità, Prezzo, Simpatia”). (N.d.T.)

5.

Nella seconda metà di giugno, Valérie tornò ad avere un sacco di lavoro; il problema di chi lavora con paesi sparsi in tutto il pianeta è che, grazie alle differenze di fuso, rischia di lavorare ventiquattr’ore su ventiquattro. Le giornate sempre più calde annunciavano un’estate splendida; per il momento, Valérie e io ne approfittavamo solo in minima parte. Quando finivo di lavorare andavo a fare la spesa dai Tang Frères, volevo cimentarmi con la cucina asiatica. Ma capii che era troppo complicato, le verdure andavano tagliate in un modo tutto particolare, bisognava trovare un nuovo equilibrio per gli ingredienti, ci voleva un’altra struttura mentale. Ripiegai sulla cucina italiana, molto più alla mia portata. Non avevo mai immaginato che un giorno mi sarei divertito a cucinare. L’amore santifica.

Nella cinquantesima lezione di sociologia, Auguste Comte combatte “questa strana aberrazione metafisica” che concepisce la famiglia come un calco della società. “Fondata principalmente sull’attaccamento e la riconoscenza,” scrive Comte, “l’unione domestica è destinata soprattutto a soddisfare direttamente, cioè per il tramite della propria mera esistenza, l’insieme dei nostri istinti affettivi, indipendentemente da qualsiasi pensiero di cooperazione attiva e continua volta a un qualsivoglia fine che non sia quello della propria stessa istituzione. Sicché, quando inevitabilmente il principio unificatore del rapporto si riduce alla mera coordinazione degli sforzi, l’unione domestica tende fatalmente a degenerare in mera associazione, e dunque finisce per disintegrarsi.” In ufficio continuavo a fare il minimo necessario; comunque mi toccò organizzare un paio di mostre piuttosto importanti, e me la cavai senza grossi problemi. In fondo lavorare in un ufficio non è difficilissimo: basta stare un po’ attenti, prendere decisioni rapide, e portarle fino in fondo. Avevo capito subito che l’importante non è prendere la decisione migliore bensì, nella maggior parte dei casi, una decisione qualsiasi, a condizione di prenderla rapidamente, quantomeno per chi, come me, lavora nel settore pubblico. Alcuni progetti artistici li bloccavo, altri li mandavo avanti: lo facevo secondo criteri vaghi e approssimativi; in dieci anni non mi era mai successo di chiedere un supplemento di informazioni – e in genere non provavo il minimo rimorso. Tutto sommato non avevo molta stima per il mondo dell’arte contemporanea. Quasi tutti gli artisti che conoscevo agivano né più né meno che come imprenditori: tenevano d’occhio le nuove nicchie di mercato, e al momento giusto cercavano di posizionarsi. Come gli imprenditori, anche loro provenivano quasi tutti dalle stesse scuole, erano fabbricati con il medesimo stampo. Però qualche differenza tra le due categorie c’era: nel campo dell’arte la spinta verso l’innovazione era più forte che nella maggior parte degli altri settori professionali; e gli artisti agivano spesso in branchi o camarille, al contrario degli imprenditori, entità solitarie circondate da nemici – gli azionisti sempre pronti a scaricarli, i dirigenti sempre pronti a tradirli. Ma in pratica era molto raro che avvertissi un’autentica necessità interiore nell’opera degli artisti di cui dovevo occuparmi. E



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