Pochi contro molti by Nadia Urbinati
autore:Nadia Urbinati
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2020-02-15T00:00:00+00:00
Un peccato virtuoso
Il canovaccio di questa storia che sembra nuova è in effetti antico, riattivato ciclicamente dal Settecento in poi, da quando la democrazia elettorale ha cominciato a procedere a grandi passi. I sociologi hanno rispolverato recentemente la dinamica dellâinvidia sociale (che John Mandeville prima di Marx aveva considerato una vera e propria molla dello sviluppo), ma invidiare chi sta bene significa adottare una cultura imitativa che è socialmente stabilizzante a condizione che sia in grado di produrre lâesito desiderato: ovvero che chi la prova riesca a migliorare il proprio stato. Se però questa forza imitativa resta insoddisfatta, lâinvidia può motivare rivolte e reazioni radicali.
Lâinvidia è un peccato virtuoso fino a quando le praterie sono così aperte e ampie da consentire a chi le esplora di ottenere risultati; fino a quando le frontiere interne sono attraversabili e chi si cimenta può credere di avere buone possibilità per attraversarle. Nella condizione odierna, con i recinti delle potenzialità economiche e sociali sempre più chiusi ed esclusivi, in cui i pochi che godono il 95% della ricchezza hanno impoverito così radicalmente tutti i loro competitori da renderli interessati non più al conflitto, ma alla contrapposizione diretta, lâinvidia può essere un detonatore di rivolta, ciò che distanzia âi moltiâ e âi pochiâ escludendo ogni trattativa possibile, ogni mediazione.
Questo è il caso dei gilet gialli, che lamentano di non poter vivere con sufficiente agio mentre âi ricchiâ si godono la vita a Parigi; è il caso della rivolta dei cileni per un aumento del 4% dei trasporti a fronte di un salario medio di 550 dollari al mese. Lâinvidia diventa arma di risentimento quando e perché le condizioni socio-economiche rendono lâenergia competitiva che la motiva impotente e inefficace. Si può invidiare un monarca o una corte di nobili per nascita? Non ha senso. Ma si può invidiare chi ha migliori condizioni di vita. E si può comprendere come unâinvidia legittima ma fuori luogo e impotente diventi risentimento contro quel gruppo ristretto che gode di privilegi enormi, fuori portata rispetto a ogni obiettivo competitivo e per questo sempre più odiato.
A costo di essere retorica, vorrei citare un brano di Giambattista Vico che così descriveva nella Scienza nuova la rivoluzione democratica di Solone. Solone fece sua la massima che sarebbe stata poi resa celebre da Socrate del âconosci te stessoâ per dire ai poveri ateniesi che anche se «dâorigine bestiale» essi avevano la stessa natura dei nobili che accampavano «divina origine». Riconoscere di essere «dâugual natura umana coâ nobili» e per conseguenza pretendere di essere con quelli «uguagliati in civil diritto» â ecco come una situazione (quella aristocratica) che non poteva far posto allâinvidia sociale aprì lo scenario alla trasformazione democratica. La richiesta di eguaglianza è la conclusione di quellâinvidia che non riesce a generare emulazione perché non vi è nulla da emulare in una condizione di ceto che non consente di aspirare a quel che non si può ottenere; lâinvidia funziona da passione competitiva e quindi stabilizzante fino a quando lâattraversamento delle frontiere sociali interne è possibile.
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