Poesie by Rainer Maria Rilke

Poesie by Rainer Maria Rilke

autore:Rainer Maria Rilke
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
pubblicato: 2013-08-29T22:00:00+00:00


«Bibliothèque Nationale»

Sono seduto e leggo un poeta. C’è molta gente nella sala ma non si fa sentire. Sono tutti nei libri. Talvolta si muovono tra i fogli come uomini che dormano e si voltino fra due sogni. Fa bene stare così, fra uomini che leggono. Perché non sono sempre così? Tu puoi avvicinarti a uno di loro e toccarlo leggermente: non ti sente. Se urti appena un vicino, alzandoti, e gli chiedi scusa, egli accenna dalla parte da cui viene la tua voce: volge il viso verso di te e non ti vede, e i suoi capelli sono come i capelli di uno che dorma. E questo fa bene. Io sono seduto e leggo un poeta. Un curioso destino. Ci sono forse trecento persone che leggono nella sala; ma è impossibile che ciascun di loro abbia un poeta. (Dio sa cos’hanno). Non ci sono trecento poeti. E vedi il destino; io, il più miserabile forse fra tutta questa gente, uno straniero: io ho un poeta. Benché sia povero. Benché il vestito che porto tutti i giorni cominci a logorarsi in alcuni punti e ci sia molto da ridire sulle mie scarpe. Certo il colletto della camicia è pulito e la biancheria anche; e potrei come sono, entrare in una buona pasticceria, magari dei boulevards, posare tranquillamente la mano su un vassoio e prendere una pasta. Nessuno troverebbe strano il mio gesto; nessuno mi sgriderebbe o verrebbe a mandarmi via, perché è sempre una mano di buona apparenza, una mano lavata quattro o cinque volte al giorno. Le unghie sono nitide, l’indice non è macchiato d’inchiostro e specialmente i polsi sono immacolati. I poveri non si lavano fin lì, è cosa nota. Dalla bianchezza dei polsi si possono trarre molte deduzioni. E magari si traggono. Soprattutto nei negozi. Ma esistono un paio di creature, sul Boulevard Saint-Michel, per esempio, e in Rue Racine, che non si lasciano ingannare, che si ridono dei miei polsi. Mi vedono e sanno tutto. Sanno che io appartengo a loro, che faccio solo un po’ il commediante. È carnevale del resto. E non vogliono guastarmi il giuoco: fanno appena una smorfia e ammiccano con gli occhi. Nessuno se ne accorge. Per il resto mi trattano come un signore. Basta che ci sia qualcuno nelle vicinanze e mi trattano con deferenza. Fanno come se io avessi una pelliccia e la vettura che mi aspetta. A volte do loro due soldi, e tremo all’idea che potrebbero rifiutarli; ma li prendono sempre. E tutto sarebbe a posto se non facessero ancora una volta una smorfia, e se non ammiccassero un po’.

Chi sono queste persone? Che vogliono da me? Mi aspettano? E da che cosa mi riconoscono? È vero, la mia barba è trascurata e ricorda un poco, ma pochissimo, le loro vecchie barbe malate, quelle barbe pallide che mi hanno sempre fatto ribrezzo. Ma non ho forse il diritto di trascurare la mia barba? Tante persone molto occupate lo fanno, e a nessuno viene in mente per questo di annoverarle tra i rifiuti.



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