Preludio by Katherine Mansfield

Preludio by Katherine Mansfield

autore:Katherine Mansfield [Mansfield, Katherine]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Elliot
pubblicato: 2020-02-14T23:00:00+00:00


VIII

«Buon giorno, Mrs Jones».

«Oh, buon giorno, Mrs Smith. Sono tanto contenta di vederla. Ha portato i suoi bambini?».

«Sì, ho qui i due gemelli. Sa, ho avuto un altro bambino dall’ultima volta che ci siamo viste; ma è capitato all’improvviso e non ho ancora avuto tempo di fargli i vestiti, così l’ho lasciato a casa. E suo marito come sta?».

«Benissimo, grazie. Ha avuto ch’è poco un gran raffreddore, ma per fortuna la Regina Vittoria (sa, la mia madrina) gli ha spedito una cassa di ananas che l’hanno subito guarito. Questa è la donna nuova?».

«Sì, si chiama Gwen. L’ho da due giorni soltanto. Gwen, ecco la mia amica, Mrs Smith».

«Buon giorno, signora. Il pranzo non sarà pronto che tra dieci minuti».

«Cosa ti salta in mente di presentarmi alla serva? Dovevo cominciare a parlare con lei senza presentazioni».

«Brava, ma è piuttosto una governante che una domestica, e le governanti si presentano; lo so, perché Mrs Samuel Josephs ne aveva una».

«Non fa nulla» disse la domestica indifferente, frullando una crema al cioccolato con una scheggia di piolo d’attaccapanni.

Su uno scalino il pranzo cuoceva allegramente. La domestica apparecchiò sopra un sedile del giardino: una foglia di geranio davanti a ognuno come piatto, un ago di pino come forchetta e uno stecco come coltello. Tre pratelline decapitate su una foglia di lauro rappresentavano le uova pochées; qualche petalo di fuchsia l’arrosto; poi c’erano delle piccole crocchette, graziosissime, fatte di terra, acqua e semi di soffione, e poi la crema al cioccolato presentata nella conchiglia dove s’era cotta.

«Non stia a preoccuparsi pei bambini» disse Mrs Smith accomodante. «M’empia soltanto la bottiglia al rubinetto… alla latteria, voglio dire».

«Subito» e Gwen bisbigliò a Mrs Jones: «Di’, e se andassi da Alice a farmi dare due gocce di vero latte?».

Ma qualcuno chiamò da casa e la compagnia si disperse lasciando la tavola elegante, le crocchette e le uova pochées alle formiche e a una vecchia lumaca che spingeva le corna tremule sull’orlo del sedile, e cominciò a sbocconcellare uno dei piatti di geranio.

«Bambine, fate il giro e venite in veranda. Ci sono Pip e Rags».

I ragazzi Trout erano quei cugini di cui Kezia aveva parlato al conducente. Vivevano in una villetta chiamata “L’albero delle scimmie”, distante circa un miglio. Pip era un ragazzo alto per la sua età, con un viso bianco sotto i capelli piatti e neri; Rags, al contrario, era un essere gramo con le scapole sporgenti come due ali. Dovunque andassero, li seguiva un cagnotto bastardo, con gli occhi d’un azzurro acquoso e una lunga coda arricciata in punta: Snooker.

Metà del loro tempo lo passavano a pettinare il cane e a spazzolarlo, drogandolo con certi orribili intrugli che Pip manipolava di nascosto in una brocca sbreccata coperta da un vecchio coperchio di teiera. Persino al fedele Rags era vietato di conoscere il pieno segreto delle manipolazioni. Del dentifricio al carbone, un pizzico di zolfo in polvere, e magari un pezzo d’amido per insaldare il pelo… Ma c’era dell’altro. Rags dentro di sé pensava che il resto fosse polvere da sparo.



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