Prima che sia troppo tardi (Il Giallo Mondadori) by Jane Isaac

autore:Jane Isaac [Isaac, Jane]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-01-12T12:00:00+00:00

30

Rannicchiata in un angolo, ascoltavo quella serie di ticchettii accanto a me. Il rumore era sconcertante. Tic, tic, tic, intervallati, ogni tanto, da uno intermittente simile a uno strappo.

La persona che ora stava lì con me era legata. Proprio come me. E in qualche modo stava armeggiando con il nastro adesivo, per cercare di vincere la resistenza opposta dalla colla e rimuoverlo.

Un altro strappo.

Lo strusciare di qualcosa sul cemento.

Altri ticchettii, ma di momento in momento più forti, come se la presa sul nastro fosse diventata più salda. Ancora uno strappo, seguito da un colpo di tosse e un sommesso borbottio.

Mi ritrassi, terrorizzata. La paura mi prese alla gola, quasi soffocandomi.

Altri armeggi vicino a me. Mi parve che andassero avanti per un tempo infinito.

Finché una voce disse: — Min, sei tu?

Mi venne la pelle d’oca. Cercai di restare concentrata, tuttavia. L’inflessione di quella voce tradiva le sue origini. Chi aveva parlato era cinese, anche se non della mia provincia, e si era espresso in inglese. Perché era lì? Provai a rispondere, ma avevo la bocca tappata dal nastro e mi uscirono solo dei suoni soffocati.

— Sono io, Min. Lonny.

Provai un immenso senso di sollievo, e risposi con un gemito acuto. Era qualcuno che conoscevo, un mio compagno di studi al college.

Lo sentii sporgersi verso di me. — Adesso ti tolgo la benda.

Di nuovo in inglese. Ma stavolta sapevo perché. Lonny era di Hong Kong. La sua lingua madre era il cantonese, diversissima dalla mia, che era il mandarino. Mia madre diceva sempre che avrei dovuto sforzarmi di imparare anche le lingue che si parlavano in Cina, oltre all’inglese.

I miei capelli avvertirono la sua presenza mentre si muoveva, stando alle mie spalle. Mi sentii tirare dei ciuffi, quando cominciò a rimuovere il nastro adesivo. Sussultai, ma rimasi in silenzio. Improvvisamente fui liberata dalla benda. Mi ci volle qualche istante per mettere a fuoco gli oggetti. Una sottile lama di luce diurna illuminava l’interno della prigione.

Guardai in faccia Lonny. Era uno degli studenti ricchi, quelli che ricevevano dai genitori sostanziose somme di denaro per il proprio mantenimento, e che si potevano permettere di noleggiare un’auto e andare in giro a esplorare il paese. Eravamo stati a lezione insieme solo un paio di volte. Ma lo conoscevo abbastanza bene per accorgermi di quanto fosse diverso ora il suo aspetto da quello che aveva di solito. I capelli, di norma curatissimi, erano arruffati. Chiazze di colla gli erano rimaste sulla faccia vicino alla bocca. I vestiti erano sporchi, come se si fosse rotolato nella polvere.

Accennò un timido sorriso, e si portò il palmo della mano sulla tempia. — Ho la testa che mi scoppia — disse.

Abbassando lo sguardo, vidi sul pavimento una quantità di pezzi di nastro adesivo. Fin dal primo momento in cui era stato scaricato lì dentro, aveva cominciato a lavorare con le unghie per rimuovere il nastro, partendo da quello che gli bloccava i polsi, per poi attaccare quello che aveva sulla faccia. Lo guardai negli occhi.

Lui indicò la mia bocca. — Vuoi che ti tolga il bavaglio?

Feci un cenno di assenso.

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