Salambò by Gustave Flaubert

Salambò by Gustave Flaubert

autore:Gustave Flaubert [Flaubert, Gustave]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-08-02T12:00:00+00:00


IX

In campagna

Aveva pensato che i Mercenari l’avrebbero aspettato a Utica o sarebbero tornati per attaccarlo; e, giudicando che le sue forze non erano sufficienti per dare battaglia o per sostenerla, si era inoltrato verso sud, lungo la riva destra del fiume, il che lo metteva di colpo al riparo da una sorpresa.

Voleva, dapprima ignorando la loro rivolta, staccare tutte le tribù dalla causa dei Barbari; poi, quando questi sarebbero stati isolati in mezzo alle province, si sarebbe gettato su di loro e li avrebbe sterminati.

In quattordici giorni, pacificò la regione compresa fra Thuccaber e Utica, con le città di Tignicabah, Tessurah, Vacca e altre ancora a occidente. Zungar costruita fra le montagne; Assuras celebre per il suo tempio; Geraado ricca di ginepri; Thapitis e Hagur1 gli mandarono ambascerie. Le genti della campagna arrivavano con le mani piene di viveri, imploravano la sua protezione, gli baciavano i piedi e quelli dei soldati, e si lagnavano dei Barbari. Certuni venivano a offrirgli, dentro dei sacchi, teste di Mercenari, uccisi da loro, dicevano, ma che avevano tagliato ai cadaveri; molti infatti si erano smarriti nella fuga, e qua e là se ne trovavano morti, sotto gli olivi e nelle vigne.

Per entusiasmare il popolo, Amilcare, subito all’indomani della vittoria, aveva mandato a Cartagine i duemila prigionieri fatti sul campo di battaglia. Arrivarono in lunghe schiere di cento uomini ciascuna, e tutti avevano le braccia imprigionate sul dorso a una sbarra di bronzo che saliva fino alla nuca, e anche i feriti, sanguinanti, correvano; uomini a cavallo li sospingevano a frustate.

Fu un delirio di gioia! La gente andava ripetendo che erano stati uccisi seimila Barbari; gli altri non avrebbero retto, la guerra era finita; ci si abbracciava per le strade, e si strofinava con burro e cinnamomo l’effige degli dei Pateci per ringraziarli. Con i loro grandi occhi, il ventre obeso e le braccia alzate fino alle spalle sembravano vivere sotto quella specie di pittura più fresca e partecipare all’allegria del popolo. Gli Ottimati lasciavano le porte delle loro case aperte; la città risuonava del rullo dei tamburi; i templi erano illuminati ogni notte, e le sacerdotesse della dea scese a Malqua innalzarono nei crocicchi dei palchi, dove si prostituivano. Fu votata l’assegnazione di terre ai vincitori, olocausti per Melqart, trecento corone d’oro per il Suffeta, e i suoi partigiani proposero di attribuirgli nuove prerogative e nuovi onori.

Amilcare aveva sollecitato gli Anziani a fare delle proposte ad Autarito per scambiare contro tutti i prigionieri Barbari, se fosse stato necessario, il vecchio Giscone e gli altri Cartaginesi tenuti come ostaggi. I Libici e i Nomadi che formavano l’armata di Autarito conoscevano appena quei Mercenari, uomini di razza italiota o greca; e poiché la Repubblica offriva loro tanti Barbari contro così pochi Cartaginesi, voleva dire che gli uni non valevano niente mentre gli altri valevano molto. Temevano un tranello. Autarito rifiutò.

Allora gli Anziani decretarono l’uccisione dei prigionieri, sebbene il Suffeta avesse scritto loro di non metterli a morte. Egli contava di arruolare i migliori nelle sue truppe, incoraggiando così le defezioni.



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