Saul Kripke by Riferimento ed esistenza (2021)

autore:Riferimento ed esistenza (2021)
Format: epub

Sesta lezione

4 dicembre 1973

Nell’ultima lezione ho discusso per lo più un’idea difesa da Donnellan, secondo la quale talvolta le descrizioni singolari vuote possano avere riferimento. Nel mentre, ho sviluppato un apparato metodologico per trattare questo genere di problemi, che credo sia interessante di per sé – cioè uno strumento per testare se l’appello a determinati fenomeni confuti una certa teoria semantica. Bisogna immaginare un linguaggio ipotetico per cui viene stipulato che la teoria semantica in questione sia corretta, e poi verificare se quel linguaggio esibirebbe i fenomeni linguistici che si ritiene mettano in discussione la teoria. Com’è ovvio, si tratta esattamente del medesimo test che avremmo potuto applicare alla lingua italiana stessa. Avremmo però ottenuto l’effetto psicologico di essere meno veloci a inferire da certi fenomeni linguistici la conclusione che una data teoria è scorretta: “Bene, si può dunque vedere che questa non è una teoria corretta dell’italiano”. Al contrario, occorre individuare il linguaggio di cui la teoria sarebbe corretta, per poi verificare se divergerebbe dall’italiano nel modo supposto; e i risultati potrebbero essere diversi da quanto ci si aspetterebbe. La mia discussione di Donnellan mirava a illustrare questa strategia.

Prima di procedere, desidero avanzare un paio di riflessioni sull’articolo di Donnellan. Anzitutto, poiché gode di una certa popolarità, vorrei menzionare un ulteriore punto a proposito di Donnellan stesso. Si tratta di una posizione difesa, ad esempio, nell’articolo di Partee Opacity, Coreference, and Pronouns (Partee 1970) e, credo, nell’articolo di Stalnaker Pragmatics (Stalnaker 1972). Secondo questa posizione, la distinzione di Donnellan tra usi referenziali e attributivi andrebbe sfruttata per analizzare la familiare distinzione tra de dicto e de re. Ora, nella scorsa lezione ho preso atto della distinzione di Donnellan, negando però che essa pertenga alla semantica o che metta in luce un’ambiguità. Se avessi più tempo, mostrerei che non è né esclusiva né esaustiva e che ammette casi di sovrapposizione e casi limite; ma non lo farò in questa sede, a parte enfatizzare un punto importante. A mio parere, uno degli errori che Donnellan commette consiste nel ritenere che la distinzione sia esaustiva. Al contrario di Russell e Frege, egli non prende minimamente in considerazione i report di discorso indiretto. Si potrebbe ingenuamente supporre che, riportando quanto detto da un parlante, anche chi fa il report utilizzi la descrizione in modo referenziale o attributivo e che debba utilizzarla come fa il parlante. Questo mi sembra decisamente falso: di solito chi fa il report non la usa né in un modo né nell’altro. Se affermo che Jones dice che il più grande logico al mondo è alto, non sto parlando in maniera né referenziale né attributiva del più grande logico al mondo. Sto semplicemente riportando quel che Jones dice. Potrei addirittura non credere vi sia una tale persona, ma solamente che Jones lo creda. Potrei non ritenere vi sia un solo più grande logico o persino pensare che il predicato in questione sia vuoto (si sostituisca “logico” con “veggente”).

E per quanto riguarda invece il caso de re, ad esempio “Jones crede

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