Scambiarsi le arti. Arte & antropologia by Anna Castelli & La Cecla Franco

Scambiarsi le arti. Arte & antropologia by Anna Castelli & La Cecla Franco

autore:Anna Castelli & La Cecla, Franco [Castelli, Anna & La Cecla, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2022-04-11T22:00:00+00:00


LA VIDEOCAMERA

FUORI FUOCO, FUORI DI SÉ

Le cose visibili sempre nascondono altre cose visibili.

RENÉ MAGRITTE

Siamo talmente abituati alle immagini che ci si offrono quotidianamente da avere rimosso quasi completamente il loro effetto su di noi. Ci sembra che tutto si svolga nel dominio della “riproduzione”, cioè della rappresentazione. Come se le immagini, fisse o in movimento, fotografie o video, jpg, tif, png, mov, avi, mp4, mostrate, scorse rapidamente, rimirate fossero solo copie di una qualche realtà a cui rimandano. Questa idea che ha ossessionato intere generazioni e che nasce già con il mito della Veronica1, il fazzoletto su cui Cristo avrebbe lasciato la traccia del suo volto sudato, percorre l’intera storia dell’arte sacra occidentale che oscilla tra immagine come reliquia, impronta del divino, e quella come pura rappresentazione. L’immagine a contatto, di cui lo storico dell’arte Georges Didi-Huberman ha ripercorso in parte la storia,2 va dall’impronta della Sindone alle fotocopie e alla Polaroid il cui creatore, famoso spiritista, voleva espressamente acquisire l’immagine, cioè realizzare uno strumento che fosse in grado di riprodurre la realtà a contatto3. L’immagine però non sfugge mai alla sua ambiguità, proprio perché nel momento stesso in cui si dichiara “copia” è già una realtà parallela.4 Abbiamo forse dimenticato che il “prendere” l’immagine di qualcuno non è farne una copia, ma un ritratto, cioè qualcosa che riguarda molto più la sua fisionomia che la sua fisiologia? Marina Warner ricostruisce la storia di quel rubare l’anima a cui gli indiani d’America, così come gli aborigeni australiani, si sottraevano quando qualcuno voleva fotografarli. “La macchina fotografica ruba l’anima” ricorda in Phantasmagoria. Spirit Visions, Metaphors, and Media into the Twenty-First Century5 che tratta dell’aspetto visionario, spiritico, ectoplasmico dei media nella modernità e contemporaneità. Lo scozzese John Thomson nel 1860 viaggiò per la Cina con un apparecchio fotografico e, nell’introduzione al suo album di viaggio, scrisse

di essere stato scambiato per un pericoloso geomante per via del potere… di penetrare nelle anime dei nativi e di riprodurne l’immagine grazie alla magia nera, privando le persone ritratte del principio vitale al punto da condurli ad una morte imminente.6

Nel 1894, un fotografo che era entrato nel territorio dei sioux presso un villaggio del basso bacino del fiume Yukon consentì al capo del villaggio di guardare dentro l’obiettivo e questi, tirando fuori la testa dal panno che copriva l’apparecchio, rivolto alla sua tribù avrebbe esclamato: “Lo straniero ha tutte le vostre ombre in questa scatola”. Marina Warner fa notare che anche noi non sappiamo bene come rapportarci alle immagini delle persone: somigliano a quelle che vediamo nei sogni; quando qualcuno bacia la foto di un proprio caro, in cosa sta la materialità dell’immagine e infine dove si situa la frontiera tra materiale e immateriale? Il fatto che i tratti di qualcuno siano “scivolati” nello spazio di una fotografia non significa che qualcosa di quella persona è pur sempre passata nell’immagine?

In una conferenza per Artforum nel dicembre del 20157 a New York, Michael Taussig riassume in modo magistrale la questione della cattura e dell’essere catturati dall’immagine, nel caso specifico da quella in movimento.



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