Sempre nel posto sbagliato - Autobiografia by Edward W. Said

Sempre nel posto sbagliato - Autobiografia by Edward W. Said

autore:Edward W. Said [Said, Edward W.]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: archivio ladri di biblioteche
pubblicato: 2012-05-26T12:29:01+00:00


7.

A partire dal 1943, l'anno dell'esaurimento nervoso di mio padre, e per le successive ventisette estati, trascorremmo quasi tutto luglio, agosto e settembre nel villaggio libanese di Dhour el Shweir (che significa «alla periferia di Shweir»), che mio padre amava molto e mia madre sosteneva di detestare, benché la sua famiglia, i Badr, fosse originaria della zona.

Dhour era un luogo di villeggiatura, con le case allineate lungo una stretta strada piena di curve che si inerpicava sulle pendici di tre piccoli monti del Libano centrale, mentre Shweir era una cittadina dalla popolazione totalmente cristiana costruita sulla strada che da Dhour scendeva a valle; la strada partiva dalla piazza di Dhour, o "saha", l'unico spazio pubblico di rilievo del villaggio, scendeva bruscamente verso sinistra all'altezza della chiesa greco-ortodossa, e si snodava lungo la vallata fino al cuore di questa, 'Ayn al Qassis, «la sorgente del prete». Da Shweir provenivano i negozianti, gli albergatori e i vari funzionari che operavano a Dhour durante la stagione turistica. Da bambino mi ero fatto l'idea che nelle buie giornate del lungo inverno nevoso se ne stessero chiusi in casa ad aspettare l'estate. Con l'eccezione di un vecchissimo prozio, Faris Badr, un signore dalla faccia rosea e baffi molto folti, che portava sempre occhiali scuri, completo nero con cravatta nera, "tarbush" rosso e un antiquato ombrello nero e che abitava lì tutto l'anno, gli altri parenti libanesi di mia madre vivevano e lavoravano a Beirut e andavano a Dhour soltanto d'estate.

La prima volta alloggiammo al Kassouf, l'unico albergo di lusso di Dhour, che sorgeva con aria altezzosa e pretenziosa su un'altura all'estremità della strada che dalla "saha" si dirigeva a est, verso il villaggio più vicino, chiamato Bois de Boulogne, a due miglia da Dhour; l'albergo, con le sue ampie scalinate e i parapetti merlati, voleva assomigliare a un castello e dominava con la sua massiccia e imponente facciata di pietra il villaggio e la valle. Fu nella solenne sala da pranzo del Kassouf che appresi dell'esistenza del vino rosso e dell'aceto di vino e fu là che vidi per la prima volta una sala per la roulette e il baccarà. L'albergo sembrava frequentato soprattutto da facoltosi turisti egiziani di origine siriano-libanese (i "shawam"), gente della nostra classe, diciamo, per la quale, in confronto all'opprimente calura del Cairo, il clima relativamente secco di Dhour, con giornate serene e tiepide e serate fresche e nebbiose, costituiva un tonificante cambiamento. Costoro, come noi, trascorrevano gran parte del tempo gironzolando per le terrazze dell'albergo, avventurandosi solo occasionalmente sulla strada priva di marciapiede, dove si rischiava di essere investiti da una macchina o da un autobus. Lungo la strada non c'erano negozi e la distanza, per quanto non eccessiva, bastava a scoraggiare le puntate estemporanee in paese, perciò rimanevamo sui terreni dell'albergo con gli altri bambini, le loro governanti e i loro genitori. Mia madre, che quell'estate era incinta di Joyce, passava quasi tutto il tempo in camera sua, mentre mio padre, ormai preso dalla mania del bridge, se ne



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