Si riparano bambole by antonio pizzuto

Si riparano bambole by antonio pizzuto

autore:antonio pizzuto [pizzuto, antonio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: archivio ladri di biblioteche
editore: Grizli777
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Ciascuno ha la sua via prediletta, una solitaria contrada tutta per sé, da percorrere ignoto a chi vi abita nel barlume degli infrequenti fanali, scorgendo oltre tendine rischiarate di luce gialla fugaci ombre o, nei bassi anditi, qualche sporta appesa, imballaggi. Così egli, incontrato in ora e nel luogo insolito da colleghi, spiegava loro presso a poco il suo esservi. Poi ripreso il cammino quelli volgendosi a guardarlo ne sorprendevano l'occhiata di rimando. La sera successiva posticipava con esito propizio, ma una volta o l'altra essi pure posticipavano. Il guaio essere capitato in un tale ufficio. E dire che nell'adolescenza, pur di scansarlo imboccava strade più lunghe o, se era necessario transitare da lì, si serviva del marciapiede opposto, mai sbirciando il bigio edificio. Ne faceva ormai parte. Noi, al suo circospetto incamminarsi verso tali sporte e imballaggi, raffreniamo la curiosità secondo discrezione; ma là dentro, là dentro. Un poco per mestiere, un altro poco per tendenza - che fa lo stesso - è incredibile la prestezza con cui vi si apprendono i fatti altrui: il tempo di farli e di conoscerli coincidevano quasi. Pofi ancora fresco delle ciarle sotto il fogliame care a quei pacifici richiamati sempre in sbadigli, e già tardo a intenderne l'ovvio pettegolezzo, fissava qui con stupore gli amici nuovi mordaci, pronti a raccogliere e a cogliere, cauti nel misurare le proprie parole, che non giungessero in alto deformate, vigili sempre, conchiglie e scrigni ad un tempo. Questi, mezzo seduto sull'angolo del tavolino, la gamba penzoloni, lo imbarazzava coi mobili sguardi acuminati; in fondo alla stanza appresso eccone due a palleggiarselo, faceva capolino nell'altra per ritrarsene subito intuendo di peggio ancora: era insomma come un albino fra tante linci. Ben remoto il tempo ed il luogo dei modacci, delle occhiatacce, degli urlacci: tutto l'opposto davvero fra le pareti orecchiute e occhiute dove si trovava, nell'ombra, a percepire il fruscio di passi leggeri, o frettolose figure sbucanti da un paravento con cartelle e dispacci per immergersi difilato in tramezzi o passaggi richiudendo le porte. Spesso in qualche cantuccio agevole a scorgere da lontano i sopraggiungenti, gli immancabili sfaccendati facevano circolo pigliando alcuno di mira, e preferito era Pofi. Parlavano sottovoce guardinghi, in una tesa ironia che il senso della realtà rendeva benevola, ma punzecchiante alla minima candidezza, a ogni bivalenza. Dagli archivi rigurgitanti le carte diffondevano un sentore stabile di zenzero e papavero. A paragone quelle ammonticellate dal maggiore formavano sì e no una bibliotechina scolastica. Dei magliabechi in verdognole sopravvesti armeggiavano su scalette a toglierne da spedirle per ogni dove. Pofi aveva le sue. Prima di smaltirle gliene recavano altre; il patrimonio aumentava con inarrestabile anatocismo. Ma ancor più increscevoli tutti quegli occhi addosso, quegli occhi herbartiani, e le allusioni, né alcun modo di apprendere se, che cosa e fino a qual punto sapessero. Apparso lui i loro cicalecci si interrompevano per far luogo a passeggiatine in lungo ed in largo, chiusure o aperture meccaniche di cassetti, sguardate dalla finestra, macchinali riordinamenti nei fascicoli sparsi per le scrivanie.



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