Si stava meglio quando si stava peggio by Carlo Greppi

Si stava meglio quando si stava peggio by Carlo Greppi

autore:Carlo Greppi
La lingua: ita
Format: epub
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2021-02-04T16:00:00+00:00


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Sono le nostre radici

(ma gli esseri umani sono piante?)

Avete mai fatto caso ai titoli di coda dei film di Hollywood?

Prendetene uno qualunque, e osservate quanti cognomi sono palesemente italiani. Sono una delle tante punte di un iceberg che ci mostra come nella società statunitense ci siano, e ovunque, numerosissime persone di origine italiana. Ora sono cittadini nordamericani, vien da sé, ma si tratta dei discendenti della «Grande migrazione» che, in particolare a cavallo tra Ottocento e Novecento, ha portato milioni di nativi italiani a trasferirsi altrove – a cambiare habitat – per costruirsi un futuro. Pochi tra loro parlano ancora un italiano decente, la maggior parte avrà un’immagine stereotipata della cultura attuale della penisola o conoscerà molto bene esclusivamente quella locale dalla quale sono partiti i suoi antenati, eppure sono certo che un numero insospettabile di questi italoamericani parla del paese di origine del bisnonno o del trisnonno come delle proprie «radici». Che c’è di male, obietterete?

Di per sé quella delle radici è una metafora come tante altre che, come ci ha mostrato Levi (il quale peraltro alla ricerca delle radici ha dedicato un’antologia), 1 risponde al nostro bisogno di semplificare, e alle metafore un po’ sconclusionate sarà dedicata l’ultima parte di questo libro. Questa, però, ha un che di romantico, di profondo appunto, che le dona un’aura positiva e nostalgica. Ma non deve essere scambiata per la realtà, perché sappiamo bene che tipo di discorso politico la usa continuamente: oggi l’estrema destra che prende il nome di «sovranismo», ieri i nazionalismi aggressivi ed escludenti, l’altroieri i nazisti che parlavano di Blut und Boden (sangue e terra). E tutto questo fa supporre, come ha scritto ancora l’antropologo Aime, «che gli esseri umani siano simili agli alberi, il cui legame con il suolo che li ha prodotti è pressoché inscindibile». 2

Abbiamo già visto, grazie alla genetica, come il discorso del «sangue» non stia in piedi, ma possiamo rincarare la dose ricordando che ognuno di noi ha quattro nonni, otto bisnonni, sedici trisnonni e così via. Visto poi che ogni nostro antenato ha a sua volta due nonni, quattro bisnonni eccetera, i nostri avi compongono una ragnatela praticamente impossibile da districare, che arriva nei luoghi più impensabili del pianeta in un paio di «salti» generazionali, 3 mentre basta una manciata di secoli per incontrare l’«isopunto genetico», il punto in cui tutti gli abitanti di un’epoca (per esempio dell’Europa dell’anno Mille) sono antenati di tutti quelli che ci vivono oggi. 4 In base, dunque, al «filo» della ragnatela che decidiamo di seguire, ci mettiamo a sproloquiare di radici: basterebbe vedere da dove vengono altri bisnonni/e, altri trisnonni/e, per fare scoperte davvero sensazionali. Tipo che la stragrande maggioranza dei nostri antenati non viveva sullo spicchio di terra da cui crediamo di provenire.

E il suolo, a proposito? Quello, da sempre, Homo sapiens lo usa per spostarsi. Mentre la metafora delle radici vuole, al contrario, negare questa evidenza. Leggiamo le parole che il filologo Marco Bettini le ha dedicato: «Tramite questa immagine vitale, la tradizione [!]



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