Siate materialisti! by Ingrid Paoletti

Siate materialisti! by Ingrid Paoletti

autore:Ingrid Paoletti [Paoletti, Ingrid]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2021-03-14T12:00:00+00:00


1. E. COCCIA, Métamorphoses, Éditions Payot & Rivages, Paris 2020.

2. N. BOURRIAUD, L’exforme, Presses universitaires de France, Paris 2017 (traduzione dell’autrice).

3. I. CALVINO, La poubelle agréée, in ID., La strada di San Giovanni, Mondadori, Milano 1990, pp. 87-116.

Elogio del «bricoleur» (digitale)

Nel Pensiero selvaggio, Claude Lévi-Strauss tratteggia la figura del bricoleur, ossia colui che progetta con quel che ha a disposizione. Materiali imbevuti di significato perché non «informi e puri» come la materia del processo lineare, ma usati, contestuali e quasi casuali. Dal basso, il bricoleur cerca nuove forme di vita da ciò che gli è dato1.

Bricoleur viene da bricole, in francese un «oggetto senza valore», una briciola, un resto.

Lévi-Strauss contrappone la tecnica del bricolage a quella dell’ingegnere. Quella dell’ingegnere è per lui una forma di sapere piú aulico, rigoroso, coerente, che parte da una materia informe e applica l’intenzionalità del metodo scientifico, «verifica» un’ipotesi.

Se il bricoleur interroga questa materia sedimentata di storia, questa rimanenza con dei significati, è perché sa che interferiranno con il suo sapere, sa che i resti in qualche maniera gli “parlano”, gli consigliano una progettualità fantasma.

Lévi-Strauss definisce il bricolage come sapere della «sopravvivenza», superstite di altre tracce, un’arte minore rispetto al metodo scientifico, dove l’ingegnere definisce un’ipotesi che sembra non avere a che fare direttamente con gli strumenti e la materia che utilizzerà.

Non siamo forse anche noi “superstiti” di una modalità di produrre e consumare che ha lasciato “briciole” indelebili sul nostro pianeta?

Allora, a maggior ragione, potremmo reinterpretare questa modalità in risposta a un cambiamento capitale nell’uso delle risorse e nella nuova sintassi che si crea dai materiali riciclati, riciclabili o disassemblati.

Una prospettiva orientata al futuro ma allo stesso tempo radicata e inclusiva, una traccia invisibile che riprende significato nel momento in cui si usa la materia seconda per una nuova vita.

Anche l’«ingegnere» definito da Lévi- Strauss di fatto oggi non può piú pensare al suo processo in maniera esclusivamente lineare: il metodo scientifico tradizionale deve confrontarsi piú che mai con la scarsità delle risorse e una progettualità circolare.

Eccoli allora che si incontrano a metà strada, bricoleur e ingegnere; ognuna delle due figure guardando l’altro negli occhi deve arretrare dal proprio campo d’azione, in seguito all’alone bruciante delle rimanenze del consumismo e del capitalismo, e reimmaginarsi una diversa modalità di intervento.

Il risultato deve tenere conto in qualche maniera dei progetti precedenti, prendendo corpo come prodotto culturale, tecnico e storico allo stesso tempo, che però non si esaurisce nel progetto e nel suo scarto.

L’inizio è sempre un po’ un azzardo, si può partire da qualsivoglia materiale, coscienti che la prima scelta ne eliminerà alcuni. È il piccolo lutto che comporta ogni decisione.

Abbiamo raccolto i fondi di caffè presi dai bar vicini al nostro ateneo. L’orario migliore sono le undici, alla fine delle pause caffè, presupposto della produttività mattutina.

Li abbiamo stesi sui tavoli del laboratorio, invadendo l’ampio locale di un odore soave.

Poi abbiamo cercato un legante a base naturale che potesse funzionare bene con la materia riciclata; in questo caso si può dire proprio una questione «di chimica».

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