Sloterdijk Suite by Unknown

autore:Unknown
La lingua: eng
Format: epub
editore: Meltemi
pubblicato: 2023-01-20T14:27:44+00:00

Capitolo quinto

Esplicitare gli spazi interni

Gli uomini sono creature del proprio interno.

Peter Sloterdijk

È la struttura dello spazio che dà l’identità.

Roland Barthes

5.1.

Gli uomini (e le donne) sono esseri autoplastici, animali dell’interno comune che creano ed abitano la propria atmosfera, cioè la co-psichicità, nonché la ‘realtà’ prodotta da suggestioni di massa e deliri collettivi182, poiché la loro prima abitazione è l’utero183 – per lo stesso motivo “sono condannati alla produzione di intérieurs” (S3 370), di spazi interni o introtopie. A ciò va aggiunto che la sfera animata autopoietica è straordinariamente dinamica: si espande ma può anche restringersi, sia nel tempo che nello spazio che nella sua specifica dimensione, appunto quella della co- o inter-psichicità. Si tratta di una dimensione plurale che gli umani creano e strutturano semplicemente stando insieme: la vicinanza prolungata e ‘covante’ dei corpi viventi in un luogo fisico rende possibile l’espansione meta-fisica o meta-organica, cioè psicostorica dell’umano, sia come evento che come processo para-evolutivo (come antropogenesi e come antropotecnica). Per Sloterdijk, come abbiamo visto, tale evento e tale processo hanno un carattere essenzialmente immunologico: in quanto ‘l’essere assieme’ permette la costruzione psicosociale dell’interno, l’avventura umana consiste nell’animare e così abitare un ‘dentro’ che protegga dal ‘fuori’, dall’esterno ostile e inumano, il quale potrà essere a sua volta progressivamente abitato o almeno pensato, dunque conosciuto solo a partire dallo spazio interno, dal ‘mondo’ interiore184.

Simile a un esterno fittizio (a un drone esplicitante) o a una psicosociologia sistemico-riflessiva, la sferologia si assume il compito di pensare questo spazio interno (S1 73) in cui “altezza e profondità sono equivalenti” (NM 39-40), di descriverne la formazione e il peculiare dinamismo, di scoprirne o appunto esplicitarne la ‘mondità’ (DC 396), ma soprattutto di mostrare come lo stesso internalismo psichico individuale – che include l’opacità del mentale, il personale idiotismo, la privata soggettività – sia possibile solo a partire dalla dimensione sferopoietica del vivere insieme: è la co-psichicità costitutiva della sfera, il suo peculiare ‘clima antropico’ a innescare la formazione delle singole psichicità – i processi di soggettivazione. La comparsa della psiche individuale come ‘dentro’ autocentrato e autoreferenziale – come identità –, è solo il resto di una dualità, e il risultato di interazioni più o meno riuscite con gli altri (S1 125): per quanto possa coincidere con una straordinaria espansione interna o introflessione, essa non è un apparato, ma un residuo – il paradossale prodotto di una riduzione, il frutto di un ritaglio graduale dei primi vissuti all’interno delle prime bolle (quella intrauterina e poi quella diadica madre-figlio), cioè in spazi relazionali intimi e non conflittuali di dipendenza reciproca (S1 512).

L’anima assomiglia insomma a un container dalle pareti invisibili (S2 278) che può divenire tale solo all’interno di campane atmosferiche e semiosferiche originariamente create per difendersi dall’esteriorità assoluta o dal puro ‘fuori’ – la natura o ambiente indifferente, che può sempre spazzare via o distruggere i precari intérieurs umani. Perciò “la microsferologia non è altro che un’antropologia prossemica” (S2 125) che indaga le relazioni ‘forti’ nelle prime bolle e l’innesco del processo di soggettivazione, mentre

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