Sogni di sangue by GHINELLI Lorenza

Sogni di sangue by GHINELLI Lorenza

autore:GHINELLI Lorenza
La lingua: ita
Format: epub, mobi
ISBN: 978-88-541-5452-0
editore: Newton Compton
pubblicato: 2013-05-14T16:00:00+00:00


8.

Oggi

Il terreno che conduce al fiume è ridotto a un acquitrino palustre e sdrucciolevole, pregno d’acqua gelida e torbida. Se lo ricordavano asciutto.

«Merda».

«Ti passo gli anfibi, aspetta». Francesca glieli porge e lascia che Gino si appoggi a lei, mentre si sfila le Vans e li indossa. Poteva appoggiarsi alla parete scalcinata dello stabilimento o restarsene semplicemente in equilibrio. Meglio così, quel contatto le piace.

«Che faccio con queste?»

«Lasciale lì, accanto alla parete, le prendiamo dopo».

Gino accosta le Vans al muro e prende fiato.

«Scendo per primo ed entro per primo, se c’è qualcosa che non va scappiamo».

«Scendiamo insieme, invece». Senza Alex è diverso, glielo dicono gli occhi determinati e brillanti di Francesca. Gino in fondo è sollevato, il ruolo dell’eroe è precario e impegnativo, molto meglio giocarsela in due, ad armi pari.

«Ok allora, andiamo».

Mentre discendono la parete viscida, Francesca pensa che quella è una grande giornata, anche se è freddo, umido e il desiderio di una doccia bollente comincia a fare capolino fra i suoi pensieri. Ma quando il piede di Gino scivola negli anfibi numero 41 di Giovanni, lei è lì, vigile e pronta. Lo afferra per un braccio e lo sostiene. Gino pesa, e il terreno sotto di loro è infedele e viscido. Finiscono rovinosamente a terra, uno sull’altra, ad alitarsi in faccia le Vigorsol. Essere spalmati sul pantano, ora, è l’ultimo dei loro problemi. Se ne stanno così, come due marmotte avvistate, immobili, con le palpitazioni a diecimila, occhi da triglia e pupille dilatate come pozzanghere in cui si specchia il cielo.

Un fruscio fra i canneti, poco più in basso, li fa sussultare.

«Hai sentito?»

«Sì», sussurra Francesca con la voce strozzata. Schizzano in piedi come pupazzi a molla, i sensi all’erta e un imbarazzo che ancora li accende di rosso. Per quanto si guardino attorno non vedono nulla, solo verde marcio, terra e acqua, e un’aria malsana che se si potesse strizzare certamente lascerebbe colare un liquido grigio e denso.

«Sarà stato un gatto», conclude Gino poco convinto.

«I gatti qui non vengono, hanno paura dei ratti».

«Allora sarà stato un ratto».

Francesca ci pensa per bene, le basta il tempo di un colpo di ciglia.

«Gino, ma che ce ne frega del tesoro? Andiamocene, dai».

«Aspetta…». Le afferra la giacca, ma dopo averla fermata si sente impacciato, confuso, si ricorda la vecchia regola per formulare frasi semplici: basta infilare in un ordine decente, ma nemmeno troppo rigido, un soggetto, un predicato e un complemento.

«Voglio vedere se Alex ci ha presi in giro, vorrei che rimanessi con me…». Se l’è cavata alla grande, e Francesca, timida, annuisce. Possono continuare.

I preliminari sono stati egregiamente svolti grazie al capitombolo nel fango, Gino le tende la mano e Francesca la stringe. S’incamminano verso l’ingresso della grotta.

«Alex?». Gino ha cercato la giusta misura tra l’urlo e il sussurro, ma nessuno risponde.

Col telefonino illumina l’ingresso della grotta, riesce a fare luce sui primi cinquanta centimetri.

«Franci, io entro. Fammi da palo». Francesca annuisce, incerta.

«Stai attento».

Gino entra carponi, fregandosene della mota e del senso di schifo che prova, quando un verme obeso si



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