Solo andata by Mihrigul Tursun

Solo andata by Mihrigul Tursun

autore:Mihrigul Tursun [Tursun, Mihrigul]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Ledizioni
pubblicato: 2023-03-13T23:00:00+00:00


* * *

******** Il colore cachi, kaki, o haki o khaki, deriva dal persiano e significa “di color terra”. È un colore utilizzato in molte forze armate nel mondo per le uniformi o le tenute mimetiche.

8

Monitorati in ogni momento

Mi svegliai in una stanza luminosa. Giacevo su un letto coperto da lenzuola bianche che odoravano di disinfettante. Aprii le palpebre e vidi una donna in camice da infermiera che stava sistemando le medicine sul mio comodino. C’erano un sacco di pillole. Ero nel reparto di un ospedale. Quando cercai di muovermi, mi resi conto che una mano era legata al letto.

Abbassai lo sguardo su di me: indossavo una camicia bianca e avevo anche le catene ai piedi. “Si sta svegliando lentamente”, sentii dire all’infermiera che, come avevo notato, non indossava l’uniforme, e poi mi sono riaddormentata.

Una dottoressa era seduta al mio capezzale e mi guardava con occhi marroni e amichevoli: “Come ti senti?”, mi chiese in uiguro.

Mi sembrava quasi irreale. Era da molto tempo che nessuno mi chiedeva come stavo. “Grazie, va bene”, risposi.

“Stai soffrendo?”

Esitai prima di rispondere. Voleva davvero aiutarmi? Nel campo avevo imparato che non potevo fidarmi nemmeno dei medici, ma non mi sembrava una dottoressa del campo ed il suo sorriso mi incoraggiava. “Sì”, dissi e indicai il mio stomaco con la mano libera.

“Ecco”.

Non sembrò sorpresa. “Hai preso troppe medicine”, mi confidò a mezza voce, “cerca di non prenderne altre in futuro”. Annuii anche se non capivo bene cosa stesse cercando di dire. “Se si beve molto latte, questo aiuterà anche a depurare l’organismo...”.

“Ok”, dissi e mi rilassai un po’. Sentivo che quella donna aveva buone intenzioni. “Grazie”. Non osavo chiederle quando avrei dovuto tornare in cella.

“Hai bisogno di riposare ora. Almeno finché non starai di nuovo bene, resterai a casa con i tuoi genitori”.

“Davvero?!” Non potevo credere alla mia fortuna. Anche un giorno a casa sarebbe stato per me un evento grandioso, perché almeno avrei rivisto i miei figli. Non avevo più osato sperare di poterli rivedere.

Il giorno dopo fui effettivamente rilasciata. Un’auto della polizia mi portò dall’ospedale alla stazione di polizia. Avevo tanta paura che mi avrebbero incarcerato di nuovo, ma non successe. Una poliziotta mi diede semplicemente le istruzioni su come comportarmi in “libertà”. “Non parlerete di nulla di ciò che avete vissuto durante l’addestramento”, sottolineò. “Addestramento” era un codice cifrato per i campi, che stava lentamente guadagnando terreno anche nel nostro normale uso delle parole. “Hai capito?” Annuii.

Mi diede una parrucca con capelli castani scuri a mezza lunghezza per nascondere la mia testa ancora piuttosto calva. “D’ora in poi indosserai questa”, mi disse. Le promisi tutto quello che voleva sentirsi dire da me. “Che ne è di te? I tuoi genitori meritano un figlio del genere che ha commesso dei crimini?”, le frasi che avevo ripetuto così spesso risuonavano nella mia testa ed ero decisa a non far preoccupare più i miei genitori. D’ora in poi sarei stata una buona figlia e una buona cittadina.

Prima che mi fosse permesso di andarmene, si presentarono due uomini cinesi incaricati di accompagnarmi a casa.



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