Stendhal (Castelvecchi) by Stefan Zweig

Stendhal (Castelvecchi) by Stefan Zweig

autore:Stefan Zweig [Zweig, Stefan]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica
ISBN: 9788869444494
editore: Castelvecchi
pubblicato: 2015-08-26T22:00:00+00:00


L’ARTISTA

«A vrai dire, je ne suis rien moins que sûr d’avoir

quelque talent pour me faire lire. Je trouve quelquefois

beaucoup de plaisir à écrire. Voilà tout».

Stendhal a Balzac

A niente Stendhal, il più geloso conservatore di se stesso di tutta la letteratura, si dà completamente: né a un uomo, né a una professione, né a un impiego. E anche quando scrive dei libri, dei romanzi, dei racconti, delle opere di psicologia, in questi libri non fa che scrivere di se stesso o indirizzare questi libri a sé: anche questa passione serve esclusivamente al piacere che lui stesso si dona. Stendhal, che nel proprio necrologio vanta come il più grande merito della propria vita «di non aver fatto mai cosa che non gli facesse piacere», era artista solo fino a dove questa occupazione gli sembrava stimolante; l’arte la usa solo nella misura in cui essa serve al suo scopo ultimo: al suo «diletto», al suo comodo, al suo esclusivo piacere. Così che si sarebbe tentati di chiamarlo un dilettante, se una nuova saccenteria professorale non avesse degradato il nobile significato originario della parola che una volta designava rispettosamente il gran signore dello spirito che per propria gioia, per vero piacere del gioco, per diletto e non per penoso mestiere o per avidità di guadagno, eleggeva l’arte a propria compagna. Si sbagliano dunque assai coloro che, basandosi sul fatto che intanto Stendhal ha finito per essere importante per il mondo come poeta, suppongono che lui conferisse analoga importanza alla sua arte: mio Dio, quanto si sarebbe indignato questo fanatico dell’indipendenza a vedersi considerare come uno del clan dei poeti, come uno scrittore di professione; e solo deformando deliberatamente l’ultima volontà di Stendhal, il suo esecutore testamentario ha scolpito sulla pietra questa sopravvalutazione dell’attività letteraria: «Scrisse, amò, visse», che fece incidere nel marmo mentre il testamento disponeva espressamente un’altra successione: «Visse, scrisse, amò», poiché Stendhal, fedele al suo motto, aveva voluto saper consacrato in questa successione il fatto che premetteva la vita allo scrivere; godere gli sembra più importante che agire, l’esistere era per lui molto più essenziale di qualsiasi occupazione, e tutta la letteratura non altro che una divertente funzione complementare del suo autosviluppo, uno dei tanti tonici contro la noia. Lo si conosce male se non si riconosce che la letteratura non era per questo gaudente che un’espressione occasionale, ma per niente definitiva, della sua personalità.

Certo, da giovane appena arrivato a Parigi, istupidito dall’idealismo, aveva desiderato diventare anche lui un giorno poeta, naturalmente poeta celebre, ma quale diciassettenne non lo desidera? A quel tempo abbozza un paio di saggi filosofici, lavora a una commedia in versi che non finirà mai, ma senza troppo calore e ambizione; poi dimentica del tutto, per ben quattordici anni, la letteratura, sta in sella o al tavolino, va a passeggio per i boulevards, fa melanconicamente invano la corte alle donne amate e s’interessa assai più di musica e di pittura che non di scrivere. Nel 1814, in un momento di mancanza di denaro, irritato di dover perfino vendere



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