Storia Di O by Pauline Reage

Storia Di O by Pauline Reage

autore:Pauline Reage [Reage, Pauline]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:40:23+00:00


Non che prendesse alla leggera il desiderio che ispirava. Lo capiva o credeva di capirlo, tanto più che anche lei provava un desiderio analogo (o così pensava) per certe sue amiche o per giovani donne sconosciute. Alcune di loro cedevano, e lei le portava in alberghi troppo discreti, dai corridoi stretti e dalle pareti divisorie permeabili a tutti i rumori, altre la respingevano con orrore. Ma quello che interpretava come desiderio non andava oltre il gesto della conquista, e né le sue maniere di ragazzaccio, né il fatto che avesse avuto qualche amante — se si potevano chiamare amanti - né la sua durezza, e neppure il suo coraggio, le furono di qualche aiuto quando incontrò René. In otto giorni imparò la paura, ma anche la certezza, l’angoscia, ma anche la felicità. René si gettò su di lei come un corsaro su una prigioniera, e lei diventò prigioniera con voluttà, sentendo ai polsi, alle caviglie, su tutte le membra e nei più segreti recessi del corpo e del cuore legami meno visibili dei capelli più sottili, più potenti delle gomene con cui i lillipuziani avevano saldamente legato Gulliver, legami che il suo amante stringeva e allentava con uno sguardo.

Non era più libera? Sì: grazie a Dio, non era più libera! Ma era leggera, dea sulle nubi, pesce nell’acqua, perduta dalla felicità. Perduta perché quei capelli sottili, quelle gomene, che René reggeva tutte nella sua mano, formavano l’unica rete attraverso la quale ormai fluiva in lei la corrente della vita. E

questo era così vero che quando René allentava la sua stretta—o quando lei così immaginava — quando sembrava assente, o la lasciava con ciò che ad O sembrava indifferenza, o quando restava senza vederla o senza rispondere alle sue lettere, e lei credeva che non volesse più vederla o stesse cessando di amarla, tutto in lei moriva: soffocava. L’erba diventava nera, il giorno non era più il giorno, e la notte non era più la notte, ma macchine infernali che alternavano la luce e l’OSCUrltà, per torturarla. L’acqua fresca le dava la nausea. Si sentiva come una statua di cenere, amava, inutile, e dannata, come le statue di sale di Gomorra. Perché era colpevole. Coloro che amano Dio, e che Dio abbandona nella notte oscura, sono colpevoli, poiché sono abbandonati. Essi cercano i loro peccati nella loro memoria. Lei cercava i suoi. Non trovava che insignificanti compiacenze, che erano più nella sua disposizione d’animo che nei suoi atti, e che consistevano nel risvegliare i desideri di altri uomini ai quali prestava attenzione soltanto nella misura in cui la felicità donatale dall’amore di René, la certezza di appartenergli, la pervadeva, e, nella sua sottomissione a lui, la rendeva invulnerabile, irresponsabile, e rendeva i suoi atti privi d’importanza: ma quali atti? Perché non aveva da rimproverarsi che pensieri, fuggevoli tentazioni. Eppure, era certo che era colpevole e che senza volerlo René la puniva di un peccato che non conosceva (poiché rimaneva esclusivamente interiore) ma che Sir Stephen aveva immediatamente scoperto: la leggerezza. O

era



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