Storie dalla città eterna by unknow

autore:unknow
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838933998
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2015-11-25T23:00:00+00:00

Roma FM 99.37

La caparbia convinzione in ciò che non si avvera.

F. JAEGGY, Sono il fratello di XX

Nei mesi trascorsi aveva appreso cose sugli uomini e le donne che prima, da lontano, neppure avrebbe potuto immaginare. Aveva ripetuto mille volte al gatto tutta la storia in modo da ricordarla bene, e senza intoppi. Belfagor aveva ascoltato attento anche se talvolta l’aveva scoperto a sonnecchiare. Aveva tradotto dalla sua lingua a quella di Flavia le parole necessarie a evitare fraintendimenti e timori. E molte altre. Le parole che gli piacevano e le parole che aveva trovato sottolineate nei libri di lei. La lingua degli uomini, più malleabile dei codici, era infida. I codici di Lumen-4Y03 assomigliavano alle formule matematiche. E nella casa non c’erano manuali di matematica o di fisica. Ma molti altri libri. Li aveva letti e messi in ordine alfabetico perché fosse più facile trasmetterne i dati.

Il primo problema da affrontare con Flavia sarebbe stato di fisica. Gli occhi degli esseri umani possono vedere nell’intervallo tra 384 · 1012 e 769 · 1012 Hertz, prima e dopo ci sono il buio o il buio, cose cui gli uomini sono ciechi. Lui emetteva radiazione in quella parte dello spettro che gli uomini chiamano infrarosso. Sarebbe stato una macchia scura. L’uomo nero dal quale tenersi lontani. Il Sole, stella del Sistema Cieco, emetteva la maggior parte delle frequenze in una banda che gli uomini chiamano spettro del visibile.

Gli esseri umani invece, e tutti i corpi del sistema solare, emettevano radiazioni nell’infrarosso e dunque Aka poteva vederli. Come in una radiografia, come in una termografia, Aka vedeva gli uomini e le donne.

Su Lumen, tuttavia, gli avevano dato un paio di lenti. Occhiali con una montatura di osso, un po’ Dolce vita, gli occhiali del Marziano a Roma, o del suo autore. Una sirena o un lupo mannaro a Manhattan e un extraterrestre a Roma. Avevano letto su Lumen. Avevano letto tutto degli extraterrestri sulla Terra, ma non potevano confessare questa debolezza, questa curiosità. E una tuta, anche. Una seconda pelle. Avrebbe dovuto indossarla per andare in mezzo agli uomini e sembrare un uomo. Una pellicola. Assomigliava, adesso che lo aveva visto nei supermercati, al cellophane. Gli uomini, le donne soprattutto, lo utilizzavano per tenere i cibi in frigorifero. E a ben vedere, la pellicola che gli scienziati di Lumen avevano confezionato, funzionava allo stesso modo, proteggeva dalla temperatura esterna. E dalla luce. Cambiava gli angoli di rifrazione, lo schermava. I raggi del sole terrestre lo colpivano e invece di essere assorbiti, rimbalzavano. S’immaginava come una fontana o un fuoco d’artificio. Avevano detto di aver scelto Roma per le fontane. Perché qualcuno, forse Otrebòr, si era messo a ridere pensando ai raggi del Sole che rimbalzavano sulla pellicola come schizzi d’acqua. Avevano scelto Roma per le fontane, le fontanine, le fontanelle, le fonti e le fogne pure, enormi tunnel che portavano acque scure e maleolenti fino al fiume, poi fino al mare. E questa era la giustificazione data al governo centrale quando avevano comunicato che la destinazione terrestre sarebbe stata Roma.

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