Sul banco dei cattivi. A proposito di Baricco e di altri scrittori alla moda by AA.VV

Sul banco dei cattivi. A proposito di Baricco e di altri scrittori alla moda by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Critica letteraria
ISBN: 88-6036-072-2
editore: Donzelli
pubblicato: 2006-10-14T22:00:00+00:00


Contro il Nuovo Giallo Italiano (e se avessimo trovato il genere a noi congeniale?)

di Filippo La Porta

Non sono un nemico del giallo. Non ho nulla contro la cultura di massa, che soddisfa comunque aspettative e bisogni legittimi, a volte - anzi spesso - imbarbarendo il proprio pubblico e altre volte invece migliorandolo. In particolare adoro vedere i gialli al cinema (d’ora in poi userò, impropriamente, e per comodità, il termine «giallo» per indicare tutti i sottogeneri narrativi legati in qualche modo alla presenza di un crimine: mistery, detective story, noir, spy story, thriller...). Un po’ meno - confesso - leggerli: mi sembra sempre che l’attesa e il tempo dedicati alla lettura non siano poi adeguatamente compensati. Lo scioglimento finale, anche nel caso di finale aperto, non corrisponde quasi mai allo smisurato dispiegamento di mezzi e retoriche narrative. Ma in particolare nei confronti del Nuovo Giallo Italiano (d’ora in poi NGI), di cui pure apprezzai all’origine alcuni esordi, ho nutrito col tempo una invincibile avversione. Tanto più che l’ascesa inarrestabile del giallo nel nostro paese sembra aver montato la testa ai suoi autori e commentatori: non c’è intervista o articolo che non ci spieghi come il giallo/noir sia il genere più adatto a raccontare il presente, la nostra epoca, la nostra società, o più precisamente il nostro «mondo incoerente, buio e fradicio», secondo le parole di Simenon, che però - insuperabile giallista - non scrisse romanzi di genere per rappresentarlo...

Né mi ritengo uno specialista del genere. Vorrei solo fare, un po’ spericolatamente - con una spericolatezza propria di alcuni personaggi del noir — alcune considerazioni piuttosto critiche, anche in un modo un po’ dilettantesco e con una conoscenza certo parziale del NGI. Aggiungo, citando il grande critico Edmund Wilson (a cui attingerò anche oltre): «per favore, non scrivetemi lettere per dirmi che non ho letto i libri giusti» (in Saggi letterari 1920-1959, Garzanti, 1967). Le ragioni della mia avversione sono molte. Per anticipare le conclusioni, e quindi rovinare parte della suspense, tento subito di fissare i due aspetti per me decisivi al fine di capire la «pesante», insostenibile fragilità del NGI: un deficit (segreto, inconfessabile) di autostima nei suoi prolifici autori e l’attitudine ipermanieristica, febbrilmente e infantilmente imitativa (attitudine che non riesce a divenire reinvenzione e rilettura critica dei modelli). Da una parte gli autori del NGI sono gli unici che non hanno «sdoganato» - almeno nel loro inconscio -il genere stesso (continuano a percepirlo come genere minore). Tradiscono, un po’ come i giornalisti sportivi, un senso di colpevole inferiorità. Uomini del sottosuolo alla ricerca di un riscatto, ce la mettono tutta per dimostrarci di essere Veri Scrittori, Intellettuali Sovversivi, Sociologi Visionari. Aspirano anche loro, molto italianamente, alla «bella pagina» (impreziosendola spesso con inutili dialettismi e squisitezze svenevoli). Dall’altra, in assenza di un vero humus culturale, sociale, antropologico, ecc. adeguato al genere, e capace di nutrirlo (come tenterò di spiegare oltre), questi nostri autori tendono a riusare, a volte abilmente, modelli nati altrove. Niente di male. La nostra tradizione letteraria, da



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