Svizzera, The Passenger by AA.VV_

Svizzera, The Passenger by AA.VV_

autore:AA.VV_ [AA.VV_]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788870919509
editore: Iperborea
pubblicato: 2021-06-08T22:00:00+00:00


Se le montagne possono sparire dal paesaggio, non c’è da stupirsi che interi branchi di camosci scompaiano, che l’intero gregge di pecore sia improvvisamente inghiottito.

Quella volta che eravamo andati a camosci salendo verso il ghiacciaio del Terri, costeggiammo la sponda sinistra del lago e salimmo sulla sella, poi in cresta e sul Piz Canal, scendendo lungo lo scivoloso ghiaione di ardesia di Blengias per arrivare oltre la Fuorcla Melna in Val Canal, per vedere, in tutto il santo giorno, solo due camosci protetti, non cacciabili. Il tempo era stato per tutto il giorno di una bellezza imbarazzante, anche se – o proprio perché – il barometro era bassissimo. Così, mezz’ora prima che facesse del tutto buio ci trovammo in cima al Plaun de la Greina e senza che ce ne accorgessimo il cielo si era coperto. Cominciò a nevicare come in pieno inverno e il branco di camosci che avevamo cercato per l’intero giorno sbucò improvvisamente tra i grossi fiocchi di neve a duecento metri da noi: chiazze nere che si stagliavano sul suolo grigio fosco. Il mio compare, un vecchio cacciatore, si butta a terra, mette giù lo zaino, vi posa il cannocchiale e osserva i camosci che si sentono sicuri e brucano l’erba umida. Intanto scende la notte. È una di quelle notti di mezza estate che in montagna rimandano a un senso di fuga e richiamano il Natale. Il piano era di tornare quassù l’indomani mattina ancora col buio, piazzarsi in mezzo al branco e tentare di cacciare una vecchia capra.

Il giorno dopo alle quattro c’erano quaranta centimetri di neve sul selciato davanti alla baita. Poche speranze di prendere un camoscio. Oltretutto, prima occorreva che le pecore radunate sul pascolo notturno scendessero a valle. Il pascolo era avvolto da una nebbia fitta che non voleva proprio dissolversi ma, anche se lo avesse fatto, non sarebbe stato facile individuare il luogo perché coperto da molta neve e… vuoto. Maledizione! Dov’erano le pecore? Mille pecore svanite nel nulla? Allora il pecoraio si mette a fischiare nel silenzio e guarda un po’: il manto di neve si alza, fa la gobba e si rompe. Una pecora dopo l’altra si scrolla la neve di dosso, scuote il campanaccio, si mette in fila sul sentiero, diventa gregge che con le orecchie penzolanti sparisce per sempre nella nebbia.

In montagna è diverso se ci si va da pecorai, da cacciatori o da entrambi. Se ci andiamo da pastori, i turisti non ci vedono, se ci andiamo da cacciatori notano immediatamente il fucile e ci disprezzano. Ci guardano male, borbottano indignati: «Assassini!» E continuano la loro gita. Arrivati al rifugio, fanno la doccia, bevono un Veltliner, cenano e pernottano lì. Noi battiamo le montagne per due settimane, se siamo fortunati prendiamo un camoscio, lo mettiamo sullo zaino oltre al fucile, portiamo una quarantina di chili per quattro, cinque, sei ore scendendo a valle, abbiamo un po’ di carne per la famiglia, carne che sappiamo da dove viene. E quei turisti delicati che ammirano le montagne



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