Sylvie e Bruno by Lewis Carrol

Sylvie e Bruno by Lewis Carrol

autore:Lewis Carrol [Carrol, Lewis]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Natale 1893.

CAPITOLO PRIMO

I COMPITI DI BRUNO

Nel mese che seguì, la mia solitaria vita cittadina mi sembrò per contrasto insolitamente monotona e tediosa. Sentivo la mancanza dei simpatici amici che avevo lasciato a Elveston — l’intelligente scambio di idee — quella comprensione che dava al proprio pensiero una realtà nuova e vivida: ma forse più di tutto mi mancava la compagnia delle Fate — o Bambini del Sogno, perché non avevo ancora risolto il problema di chi fossero — la cui dolce allegria aveva irradiato di luce la mia vita.

Durante le ore di ufficio — che riducono la maggior parte degli uomini alla condizione mentale di un macinino da caffè o di un mangano — il tempo passava come al solito: era nelle pause della vita, nelle ore desolate, quando libri e giornali diventano stucchevoli per un appetito ormai sazio, e quando, immersi nei propri lugubri pensieri si cerca invano di affollare l’aria vuota con i cari volti di amici assenti, che la vera amarezza della solitudine si faceva sentire.

Una sera, in cui la vita mi sembrava più noiosa del solito, mi avviai verso il mio club, non tanto nella speranza di incontrarvi qualche amico, perché tutta Londra, in quel momento, era «fuori città», quanto con l’idea che lì almeno avrei udito «dolci accenti di voci umane» e sarei venuto a contatto con altre menti.

Comunque, quasi il primo volto che vidi fu quello di un amico. Eric Lindon stava facendo la siesta con un’espressione piuttosto «annoiata» e un giornale in mano; e ci lanciammo nella conversazione con un compiacimento che nessuno dei due tentò di nascondere.

Dopo un po’ mi avventurai a introdurre quello che era, allora, l’oggetto dei miei pensieri. «E così il Dottore» (nome che avevamo adottato con tacito accordo quale conveniente compromesso tra il formale «dottor Forester» e il più intimo «Arthur» — intimità alla quale Eric Lindon non sembrava avere diritto) «ormai è già all’estero, immagino. Può darmene l’indirizzo?»

«È ancora a Elveston, credo,» fu la risposta. «Ma non ci sono più stato dall’ultima volta che ci siamo visti.»

Non sapevo di che cosa meravigliarmi di più. «E posso chiederle... se non è troppa libertà — a quando i confetti — o forse sono stati già mangiati?»

«No,» disse Eric con voce ferma che non tradiva la minima traccia di emozione: «quel fidanzamento è finito. Sono ancora “Benedick lo scapolo”.»

Le fantasticherie che in quel momento m’invasero la mente... tutte radiose di nuovi possibili orizzonti felici per Arthur — erano troppo straordinarie per consentirmi di continuare la conversazione; e fui più che felice di cogliere la prima scusa decente che mi si offrì per ritirarmi in silenzio.

Il giorno seguente scrissi ad Arthur, sforzandomi di mostrarmi il più severo possibile nella mia riprovazione del suo lungo silenzio e pregandolo d’informarmi di come andavano le cose.

Ci vollero tre o quattro giorni — forse più — prima che mi giungesse risposta; e mai i giorni mi erano sembrati più lenti a trascinarsi e più tediosamente indolenti.

Per ingannare il tempo un pomeriggio andai a fare due



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