Trilobiti by Breece D'J Pancake

Trilobiti by Breece D'J Pancake

autore:Breece D'J Pancake [Pancake, Breece D'J]
La lingua: ita
Format: epub
editore: minimum fax
pubblicato: 2016-05-02T21:00:00+00:00


«Reva sta sempre lì a fissare il vuoto», disse Tyler guardando il toro, aspettando la risposta del fratello.

Il fratello era seduto un po’ più in alto, sulla ringhiera delle scale, e fumava. Il verso delle cicale appesantiva anche di più l’aria, e le foglie impolverate degli aceri sulle colline penzolavano flosce, come bandiere senza vento. Bill sbadigliò.

Tyler alzò gli occhi sul fratello. «Pensavo di darle un figlio così si scordava Clint. Cavolo se era pronta, il giorno che è partito. Adesso le mancano solo le sue battutine».

Bill continuava a non parlare e Tyler si alzò e gli andò vicino. Bill cercò di scalfire la preoccupazione di Tyler.

«Cazzo, la vuoi piantare di stare in pena come una vecchia? Hai una fattoria da mandare avanti. Preoccupati di quella».

«In effetti. Non fosse per quel tabacco laggiù, sarei nella merda».

Reva, in corridoio, scorreva l’indice sul bordo dentato di una punta di freccia rosa. Clinton diceva che era una freccia da guerra Shawnee e le aveva dato il posto d’onore al centro perché era la sua preferita. Sentì lo sciacquone al piano di sopra e sua cognata che canticchiava mentre si faceva bella. Uscì in veranda.

«Pronte?», disse Tyler saltando giù dai gradini.

«Dov’è Carlene?», chiese Bill.

«Al bagno, mi sa», disse Reva chiudendo la borsetta.

«Mia moglie ha la marmitta che perde», disse Bill al fratello.

«Guardate», disse Reva indicando una talpa che scavava in giardino. Tyler si avvicinò e sollevò il calcagno sopra la terra che si muoveva.

«Tyler, quella talpa non ci dà fastidio», disse lei scocciata dal ghigno del marito.

«Lo so», disse lui, piantando il piede all’uscita della galleria. «La fossa s’è l’è scavata da sola».

«Dicono che la canicola avvelena tutto», fece Bill.

Reva lo guardò indispettita.

«Avvelena che?», disse Carlene uscendo in veranda.

«Niente». Reva si ravviò indietro i capelli, scese le scale e andò verso la Buick.

Jackie stava appoggiato al camion, col capoccione abbandonato sulla sponda laterale. «Bella giornata», le disse mentre passava, e Reva annuì sorridendo, sapendo che lui le giornate le vedeva tutte belle. Mentre aspettava in macchina, il caldo diventò sempre più forte e la pulsazione che aveva in fronte le sbocciò sulla nuca. Guardò i platani e gli aceri in riva al fiume. Totem segreti pendevano dai rami come doni offerti agli alberi fantasma dei loro genitori: una collana da parte di Reva, un osso di cane portafortuna da parte di Clinton, pezzi di vetro attaccati a una lenza per far scintillare gli alberi al sole d’inverno. La sua testa si schiarì e sentì gli altri avvicinarsi alla macchina bisbigliando. Riconobbe solo la voce di Tyler, che saliva dal profondo: «...Ma sono morti tanto tempo fa».

Nel silenzio della macchina Carlene si rammaricava per i malesseri della cognata. Ricordò nonno Cutter fermo per settimane in riva al fiume col vento freddo, a guardare le auto che tornavano a galla spruzzando acqua dalle labbra di metallo squarciato. Si avvicinava solo quando veniva a sapere di un camioncino Ford. Quando alla fine quello del figlio spuntò a galla vuoto, non fece altro che tornare in macchina dai nipoti, seduti lì a fissare l’ammasso di lamiere contorte.



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