Un garibaldino di nome Chiara (Italian Edition) by Lia Levi

Un garibaldino di nome Chiara (Italian Edition) by Lia Levi

autore:Lia Levi [Levi, Lia]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788809754720
Amazon: B0062OPP44
editore: Giunti Junior
pubblicato: 2010-08-05T00:00:00+00:00


Cap. 3

DAL DIARIO DI CHIARA

Alcamo, 18 maggio

Chi lo avrebbe immaginato quando ho cominciato questo diario che la mia vita sarebbe cambiata, per poi tornare a cambiare ancora una volta?

La mia grande avventura è finita, o forse chissà… Il futuro nessuno lo conosce. Però in questo momento non m’importa più di nulla. M’interessa solo mio padre che se ne sta lì, così gravemente ferito e scosso dalla febbre che a volte nemmeno mi riconosce.

Non faccio che tormentarmi. Io volevo che partisse, che s’allontanasse da Matilde Masselli, però mai e poi mai avrei pensato che potesse trovarsi in pericolo di vita.

“Papà, papà” non faccio che chiamare dentro di me, e non so nemmeno se la mia è una preghiera e, se lo è, a chi la rivolgo. Quando l’ho trovato laggiù in fondo a quel dirupo fitto fitto di spini, dove nessuno sarebbe stato capace di vederlo, mi sono sentita davvero la sua salvatrice. E ho anche pensato che se era avvenuto quel miracolo, mio padre non poteva morire.

Ma senza la presenza e l’aiuto del mio amico Simone Piccinelli non so come avrei fatto. In verità siamo stati in due a salvare papà.

Simone è il mio amico e anche il mio confidente, ed è stato proprio in quel tragico momento che lui ha scoperto il mio segreto. Non ero un ragazzo di nome Corrado, ma una ragazza di undici anni di nome Chiara.

Sì, mi sono accorta che era molto turbato, ma purtroppo date le circostanze non avevamo tempo per tante spiegazioni.

Quando, con l’aiuto di zio Alessandro e degli uomini che si era tirati dietro, siamo riusciti a portarlo in piano nella vallata, mio padre delirava e non si rendeva conto di nulla.

L’hanno messo su una barella di fortuna e poi lentamente, dandosi ogni tanto il cambio, lo hanno portato fino al paese di Calatafimi da dove, ci avevano comunicato, i borbonici si erano ritirati.

Io, dopo tante tensioni, non capivo più niente. Non ricordo come sono riuscita ad arrivare con le mie gambe a Calatafimi, l’unica cosa di cui mi rendevo conto era che avevo Simone accanto a me e che mi parlava.

Raggiunto il paese, mi pare di aver visto adagiare papà su una specie di materasso posato sul pavimento di un convento. Accanto a lui c’erano altri feriti e dei medici.

A un certo punto mi sono trovata seduta accanto a mio padre.

Fra i feriti c’erano anche dei soldati di Francesco II, e alcuni di loro dicevano: «Quando guarisco vengo con voi, voglio unirmi a Garibaldi».

I medici, quando arrivavano alla branda di papà, parlavano sottovoce e dicevano, mi pare, che la febbre alta era un segno certo d’infezione della ferita e che il pericolo adesso era la cancrena. Dicevano anche altre cose terribili che io non volevo ascoltare.

Poi, questo lo ricordo bene, è arrivato di corsa zio Alessandro, anche se io non mi ero neppure accorta che era andato via.

«A casa mia!» spiegava zio Ale ai medici con voce concitata, e di nuovo io non seguivo i suoi discorsi. «Siamo vicinissimi ad Alcamo,



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