Una famiglia by Alessio Zucchini

Una famiglia by Alessio Zucchini

autore:Alessio Zucchini [Zucchini, Alessio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2022-12-05T12:00:00+00:00


Giorno quindici

Nuove frontiere

Reggio Calabria

Paola era paralizzata, seduta sul letto al centro della stanza. Intorno si muoveva tutto ma lei era immobile, bloccata da quel boato che spaccava i timpani. Aspettava che il mondo si fermasse ma non si fermava, tremava tutto. Quando dal soffitto cominciarono a cadere i primi pezzi si svegliò. Ci mise più di qualche secondo per mettere a fuoco, per capire dove si trovasse, per realizzare che non era la terra a vibrare ma il suo cellulare sopra il comodino.

Prima di rispondere fece in tempo a vedere la sagoma al suo fianco. Micheli dormiva ancora. La pancetta nascosta dal lenzuolo, il viso schiacciato sul cuscino, la penombra che ne smussava le forme non proprio agili: non le sembrò nemmeno troppo brutto.

Portò il telefonino all’orecchio e la voce di Luca le trafisse il cervello come uno spillo. Allontanò il cellulare di qualche centimetro per non vomitare. Teneva gli occhi chiusi e ascoltava il suo capo quasi senza respirare, mentre il corpo sdraiato accanto a lei cominciava a dare segni di vita.

Micheli non fece in tempo ad avvicinarsi che Paola si alzò di scatto. Intravide le sue gambe lisce e perfette scomparire dietro la porta del bagno.

«Arrivo subito» fu l’unica frase che il magistrato riuscì a intuire prima che l’acqua cominciasse a scorrere e a coprire tutto.

Micheli tastò il comodino alla ricerca dei suoi occhiali. Non stava bene, e non soltanto fisicamente. Lo prese uno strano senso di colpa, come un alcolista che avesse ripreso in mano il bicchiere dopo anni di astinenza.

Paola uscì dal bagno con i capelli legati e il vestito della sera prima. Era bella, struccata ancora di più.

«Era il mio capo. Gli hanno portato in albergo una valigetta piena di soldi.»

Micheli si tirò su e si appoggiò alla testiera del letto.

«C’è anche un biglietto. Che significa, Giorgio?»

Micheli rimase in silenzio.

«C’entra qualcosa l’incendio dei nostri mezzi?» Paola non aspettò nemmeno la risposta, si affacciò alla finestra e guardò in strada: il taxi era arrivato.

«Ti rivedo?» chiese il procuratore senza aspettarsi una risposta.

Lei uscì senza salutare, come faceva sempre.

In strada fece subito i conti con il sole del mattino. Salì in macchina abbagliata da tutta quella luce e infilò gli occhiali scuri. Il tassista capì subito che era una cliente della categoria “non ho voglia di chiacchierare”.

Guardando Reggio Calabria sfilare oltre il finestrino, Paola vide i torrioni del Castello aragonese e pensò che quello scorcio la riportava a l’Avana. C’era stata qualche mese prima, per lavoro. Le piaceva trovare similitudini tra città lontane migliaia di chilometri.

Il piede pesante del tassista le ricordò che aveva la nausea e non aveva ancora fatto colazione. Doveva mettere in corpo caffeina. Chiese all’autista di fermarsi, scese ed entrò nel primo bar. La vetrina era un’esplosione di colori. Verde, giallo, rosso, arancione. Crema, frutta, cioccolato, praline, canditi e zucchero a velo affogavano le centinaia di mignon disposte come tanti piccoli soldatini pronti alla guerra. Il suo pasticcino preferito era da sempre il mont blanc ma non lo prese, lo stomaco non avrebbe retto a tutta quella panna; non avrebbe resistito a nulla di diverso da un semplice caffè.



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