Un'Europa possibile. Dalla crisi alla cooperazione (2014) by Bruno Amoroso Jesper Jespersen

Un'Europa possibile. Dalla crisi alla cooperazione (2014) by Bruno Amoroso Jesper Jespersen

autore:Bruno Amoroso, Jesper Jespersen [Bruno Amoroso, Jesper Jespersen]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Castelvecchi Editore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La crisi di sistema dell’Unione europea: disoccupazione, debito pubblico e monetarismo

(a) Errori di costruzione e di diagnosi

La moneta comune europea, istituzionalizzata nell’unione economica e monetaria, si è dimostrata un errore economico e politico. Un esempio da scuola dei danni irreparabili che l’élite di Bruxelles ha prodotto nel perseguire i propri obiettivi. L’interesse primario della Germania agli inizi degli anni Novanta era la riunificazione. La Francia, uno dei Paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale pose come condizione per la riunificazione che la Germania dovesse accettare una moneta comune europea governata dalla Banca centrale europea. Il Regno Unito aveva compreso che lo scopo della moneta comune non era quello di un maggiore benessere economico e disse «no» sin dall’inizio delle trattative, per non rinunciare al diritto di condurre una politica economica nazionale e, nel contempo, proteggere i propri interessi finanziari nella City di Londra. Regole comuni avrebbero dovuto in seguito regolare anche questo tema, ma il Regno Unito non intese partecipare al braccio di ferro tra la Francia e la Germania.

D’altronde è ben noto che l’introduzione dell’euro è avvenuta nell’assoluta mancanza dei requisiti stabiliti per la creazione di «un’area valutaria ottimale», indicati dalla teoria come indispensabili per il raggiungimento dei vantaggi previsti. Una delle principali conclusioni sull’euro era che, considerata nel suo complesso, la moneta unica sarebbe stata un costo. Per queste ragioni sarebbe stato necessario che la sua introduzione fosse accompagnata da chiare indicazioni sulla ripartizione del disavanzo, così che questo non colpisse solo alcuni Paesi ma anche quei Paesi che ne traggono vantaggio fossero obbligati a contribuire al pagamento. Si tratta cioè di meccanismi redistributivi del surplus prodotto tra Stati e tra regioni. Ma ciò non è avvenuto.

Non è certo un caso che i richiami al buon senso e i dubbi anche tra gli economisti sulla moneta comune sono stati proporzionali alla loro distanza dalle élite di Bruxelles. Lo scetticismo e la critica siano stati particolarmente diffusi tra gli economisti statunitensi, sia neoclassici sia keynesiani, che segnalarono a tempo debito le conseguenze negative che sull’unione monetaria avrebbero prodotto le differenze di crescita tra i Paesi partecipanti.

La commissione nominata da Jaques Delors nel 1998 comprendeva i direttori delle banche centrali dei 12 Paesi dell’Ue oltre altri esperti. Nonostante gli interrogativi teorici richiamati da più parti, la conclusione dei lavori fu che l’attuazione delle riforme del mercato del lavoro e della finanza pubblica nei Paesi partecipanti sarebbe stata la condizione sufficiente perché tutti i Paesi membri traessero vantaggio dalla moneta comune. La realizzazione della moneta comune avrebbe poi consentito di risolvere uno alla volta i problemi esistenti. Queste conclusioni offrirono su un piatto d’argento alle lobby di Bruxelles la possibilità di mettere in modo la tabella di marcia verso l’euro. D’altronde, quale politico «responsabile» dei Paesi membri si poteva opporre all’élite di Bruxelles (guidata da Jacques Delors, François Mitterrand ed Helmut Kohl) quando questa offriva una «cena gratis» a tutti i Paesi?

La responsabilità della commissione Delors è di non aver approfondito sufficientemente i problemi che sarebbe sorti in conseguenza della introduzione di una unione monetaria non ottimale.



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